“Insurrezione” l’ultimo lavoro di José Ovejero
“Io respiravo Ana […] La respiravo, dicevo. Aveva un respiro molto leggero, lento, quasi impercettibile, e perciò io sporgevo la testa per esserle vicino, ma non troppo vicino, e respirare il suo respiro.”
Ci sono conflitti e conflitti. Ci sono quelli politici, sociali e familiari. Ci sono le crisi economiche. E questo avveniva in passato come nel presente, in ogni parte del mondo. Ed è anche quello che accade ad Aitor e Ana, sua figlia, con tutti i problemi che la distanza generazionale, ma anche una separazione, comportano. Infatti Aitor, giornalista radiofonico precario, non vive più con sua moglie Isabel, che vende borse fatte con materiali riciclati, e i due figli – Ana e Luis – hanno deciso di vivere con lui.
“Non darai la colpa a me.
Non ti do la colpa di niente. Dico soltanto che mi ha ferita. Ho avuto l’impressione di essere stata più sola in famiglia di quanto pensassi. Mi sono sentita come quella ragazza che c’è in tutte le classi e che nessuno invita a ballare. Non credo di essere stata così male, di essere stata una madre così fredda o disinteressata.
(E non lo era, signor giudice, posso testimoniare che non lo era, anche se i nostri figli affermano il contrario, ma adesso non porterò prove a sua discolpa, mi limito a questa dichiarazione perché resti agli atti.)”
Poi Ana – diciassette anni – stanca e ribelle, sparisce, per andare a vivere in una casa occupata del quartiere Lavapiés di Madrid. Sparisce per non adattarsi al sistema ma per combatterlo e per non diventarne “schiava”, come suo padre e sua madre. Con lo scorrere di queste pagine, ci arrivano tutta la frustrazione, la solitudine, l’insicurezza e il disorientamento di questi personaggi. Ognuno perso nella propria vita e incapace di stare al mondo come dovrebbe. Ci arriva l’utopia di quel movimento pronto a salvare e salvarsi, la ribellione e le utopie e la risoluzione di tutti i problemi, nella continua ricerca di libertà.
Il racconto di José Ovejero in “Insurrezione” (Voland, Collana Intrecci, 2022, pp. 350, euro 19) – abilmente tradotto da Bruno Arpaia – ci coglie spesso alla sprovvista ma senza confonderci o distrarci. E narra la storia attraverso dialoghi, pensieri interiori in prima persona e, in base alle necessità narrative, ecco la terza persona e, ancor più intrigante, la scelta del tu, perché mette il personaggio in questione sotto una sorta di analisi psicologica e a tu per tu con riflessioni ancor più introspettive. Questo ci permette di avere una visione della storia totale e da tutte le prospettive possibili.
“…perché quella domanda così semplice, dove sei, sembra implicare altre domande che non fatto né hai pensato di fare, non soltanto dove sei, anche con chi, e perché non chiami, almeno per parlare di Ana, ma sembra che non t’importi di nostra figlia, non t’importa di niente. Senti il sospiro di Isabel e siccome sei già convinto che non risponderà alla tua domanda, perché farlo significherebbe obbligarsi a dare spiegazioni, e lei non è obbligata assolutamente nulla, te lo ha detto parecchie volte, che lei ha già fatto tutto ciò che poteva, e che aveva il diritto di vivere senza trascinarsi te, quel fantasma lamentoso, ovunque nella sua nuova vita, no, non risponderà se non con quel sospiro pigro, così sei tu a dare spiegazioni.”
Marianna Zito