“In Exitu” – Roberto Latini al Teatro Palladium di Roma
Ad aprire questa nuova stagione teatrale del Teatro Palladium – che altro non è se non “un prolungamento scenico delle aule” di Roma Tre, una fortuna non da poco e un’ulteriore opportunità di crescita e conoscenza per gli studenti della terza università romana – è l’interpretazione e la regia di Roberto Latini, con uno spettacolo che nasce dal progetto della Compagnia Lombardi-Tiezzi sulle lingue segrete del teatro che con “In Exitu” – in scena fino al 13 ottobre – si consolida e delinea maggiormente grazie alla messa in scena delle parole dell’omonimo romanzo di Giovanni Testori, che si miscelano qui con le musiche e i suoni di Gianluca Misiti e le luci di Max Mugnai.
Siamo al nord, in una qualsiasi “esacerbata città” pasoliniana degli anni ’80 e ci troviamo di fronte alla depressione e alla disperazione di Gino Riboldi, un tossico omosessuale, che vediamo ora zoppicare ora cadere, pronunciando prima parole da testi sacri medievali, fino alle inclinazioni comuni dialettali di troia o ancora dalle nenie tra le braccia pietose di madre alle vessazioni dittatoriali scolastiche, fino alla crocifissione di un povero Cristo abbandonato e solo.
Lì, fu lui.
La parola prende quindi vita su un corpo flagellato, quasi esanime, ed è la parola stessa a dirigerne i movimenti, a indicargli i passi, aiutandosi con un bastone, che all’occorrenza può essere siringa e che diventa il mezzo con cui queste parole si innalzano o lentamente si rispengono.
Il corpo di Latini è sospinto da un piano morbido, che ne permette l’andamento peccaminoso e instabile; intorno lenzuola bianche, mosse da aria, che si conformano in nebbia e sogno. Una overdose che si consuma su un campo da tennis, in cui le parole defluiscono con la potenza necessaria in base al tempo del gioco, che ora è scandito dall’attore ora da un’ombra, la platea. E poi, il buio.
Marianna Zito
Foto di Ivan Nocera