Illuminazioni, incontri, attimi: “Every brilliant thing” al Teatro Astra di Torino
Il Teatro Piemonte Europa procede col programma di questa stagione. Dal 9 all’11 dicembre, al Teatro Astra di Torino è stata la volta di “Every brilliant thing”, autobiografia drammatica di Duncan Macmillan tradotta da Michele Panella e interpretata da Filippo Nigro per la regia di Fabrizio Arcuri. Testo recentissimo, del 2013.
“Every brilliant thing” è il racconto di tutto ciò per cui vale la pena vivere: all’ingresso vengono distribuiti dei cartoncini con un numero e un elemento, un concetto, un oggetto. Un’idea, un’immagine, un dettaglio, un tratto distintivo, un gesto, un’azione. Il programma di sala li definisce momenti speciali, illuminazioni, piccole manie, incontri, emozioni e attimi. Come Annie Ernaux quando fissava icone sulla carta ne Gli anni. 1: il gelato, 123321: i palindromi, 654: Marlon Brando, 1655: i capelli di Christopher Walken, 201: l’amaca, 9994: gatti amichevoli, 2000: il caffè, 10000: svegliarsi tardi con la persona che ami al tuo fianco.
Il protagonista racconta la genesi e la vita di questa lista: scrive per aiutare la madre, depressa e autolesionista, a focalizzarsi su ciò che di gradevole può esserci nel mondo, se solo si allena l’occhio. L’impianto scenografico funziona e non: una scrivania, un po’ di pubblico sul palco, luci fortissime e fisse (come nel topos dell’interrogatorio). Attraverso l’elenco si susseguono dunque alcuni momenti cruciali: il tentato suicidio, le ricadute, un padre costretto a indorare la pillola per un figlio curioso come tutti i bambini. Nigro coinvolge il pubblico: un signore sui quaranta viene chiamato a interpretare il protagonista bambino mentre lui incarna suo papà. Non occorre che lo spettatore si prepari: il bambino domanda solo perché? in loop, e il padre spiega e omette, concede e sottrae. E ancora: la sala d’attesa in ospedale, la psicologa che infila un calzino in mano per avere un pupazzo tramite il quale interagire, come se davvero un simpatico animaletto potesse fare la differenza per un neo orfano. Werther, all’università: una merda, professore, confessa Nigro. La teoria del suicidio contagioso. Parallelamente, il pubblico continua a partecipare: serve gente che interpreti la psicologa, il professore…
Molti sono anche chiamati a leggere ad alta voce il proprio cartoncino, la cosa bella che il caso ha affidato proprio a te. Efficace? Per tanti versi sì: l’elenco diviene imprevedibile, caleidoscopico, sinfonico. Come a dire: ciò che ha salvato me potrebbe salvare anche te. Pensaci. Le emozioni rimangono intime, insondabili, ma si invita il fruitore a immedesimarsi. Capire il dolore del prossimo per capire i nostri? L’empatia è un boomerang: può essere un’idea. La lista è viva, è quasi più importante della trama, delle battute: è uno strumento per un genitore che soffre, ma è anche ciò che consente al figlio di emanciparsi proprio da quella tristezza, la quale peraltro non lo riguarda personalmente, gli è solo piombata addosso. All’improvviso. Questo spettacolo si pone come obiettivo di concretizzare la speranza, e nonostante tutto non c’è posto per la didascalia o il paternalismo. “Every brilliant thing” è un pamphlet, una wunderkammer, una chimera ma anche una prospettiva.
Davide Maria Azzarello