“IL VIOLINISTA SUL TETTO” DI MONI OVADIA AL TEATRO NUOVO DI MILANO
“Il violinista sul tetto“: questa fortunata versione italiana del famoso musical di Broadway “Fiddler on the roof” (da un racconto di Sholem Aleichem) unisce ambienti Yiddish a momenti chagalliani, per cui una semplice trama si presta da scheletro a una complessità di suoni e colori poetici che portano in sala un clima caldo e rassicurante. Il protagonista è Tevye, un lattaio ebreo in un vecchio villaggio russo a cui Moni Ovadia presta voce, entusiasmo e fede nel presentare cos’è per lui famiglia, patria e saggezza popolare in una giostra di personaggi grotteschi, archetipi di un puzzle di provincia che danzano e cantano l’amore in tutte le sue manifestazioni bizzarre e divine. E tutti come lui sono mossi da un forte senso di identità etnica e spirituale. Nella gran quantità di attori, situazioni e subplot, spesso questa spinta pura e creativa non incontra la pulizia tecnica per quanto riguarda la gestione degli spazi, dei tempi, delle fisicità e vocalità in scena. Si ha la sensazione che l’impegno di gran parte degli interpreti sia direzionato al ricordarsi i complessi passaggi coreografici e al cercare un’approvazione da parte del pubblico, senza consapevolezza profonda di cosa si sta davvero raccontando e di quanti individui ci si sta facendo portavoce. Tuttavia, soprattutto la questione riguardante il matrimonio di una delle figlie consente allo spettatore di continuare a interrogarsi sui possibili sviluppi da una parte e su questioni etiche dall’altra. Il codice popolare e la considerevole presenza di una colonna sonora così articolata fungono da magnete durante le scene e l’intervallo di un lungo spettacolo.
In scena al Teatro Nuovo di Milano fino al 3 marzo 2019.