Il tesoro museale del “Liceo Volta” di Como
Lo storico “Liceo Volta di Como” nasconde un tesoro, un museo di inestimabile valore che purtroppo è solo parzialmente esposto al pubblico in quanto alcune sale sono precluse ai visitatori. La scuola ha recentemente indetto una raccolta fondi per restaurare il museo e offrire nuovamente i reperti agli studenti e agli appassionati, coordinato dalla Prof.ssa Campisi. Abbiamo incontrato il Prof. Mercadante e la Prof.ssa Leali per apprendere ulteriori informazioni.
La collezione è formata da una componente zoologica, con duemila duecento uccelli imbalsamati, una paleontologica, botanica, mineralogica e pietrografica. Per quanto riguarda la collezione botanica, sono presenti sia dei modelli di inizio Novecento a uso didattico, sia un erbario ottocentesco. Sono inoltre custodite delle parti di mummia acquisite nell’Ottocento e dimenticate dai professori: si tratta di una testa, un piede e una mano. Un’ala del museo, dotata di teche ottocentesche ed è composta da diecimila reperti, è inagibile. Al primo piano si trova invece il museo di fisica, ottica e trasmissione del suono, attualmente aperto al pubblico; un’altra sezione della collezione si trova al secondo piano.
Prof. Mercadante, vuole dire due parole relativamente alla star del museo, il vitello a due teste?
Tutti cercano il vitello a due teste durante gli Open Day del liceo. Adesso la sezione del museo in cui si trova tale esemplare è chiusa, ma fino a vent’anni fa gli studenti potevano ammirarlo. Io mi arrabbiavo perché venivano trascurati degli animali esotici molto più interessanti, come i formichieri dell’Amazzonia, per un vitello a due teste, un “freak”, poco importante da un punto di vista scientifico, che potrebbe essere stato creato artificialmente da un buontempone.
Può raccontarci di più sul dinosauro?
Si tratta di un calco, non di un reperto originale, del Lariosario, il Lariosaurus Balsami, rinvenuto nel 1830. L’originale da cui è stato realizzato il calco è andato distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, in seguito al bombardamento del museo di Milano. Il Lariosauro è un rettile preistorico, ma non è un dinosauro come quelli che fanno parte del nostro immaginario. Appartiene ai Notosauri, dei dinosauri acquatici con le zampe palmate; i più robusti arrivano a un metro e venti di lunghezza. Il Lariosauro risale al Triattico, mentre i dinosauri noti al pubblico risalgono al Cretaceo, un periodo storico distante cento milioni di anni.
Ci potrebbe parlare dei resti umani conservati nel museo?
È presente un cervello umano adulto sotto formalina. Sono, inoltre, presenti due scheletri umani completi, sei o sette crani umani e due scheletri di neonati di pochi giorni
Quali altre meraviglie conserva il museo?
Negli archivi ho trovato per esempio la registrazione dell’acquisizione di quattro gufi imbalsamati, che effettivamente ho ritrovato tra i reperti del museo. Sono infatti numerosi gli animali imbalsamati come volpi e uccelli di fattura ottocentesca, che costituiscono un patrimonio non solo scientifico ma anche umanistico delle maestranze di un paio di secoli fa, in quanto costituiscono una testimonianza nonostante i risultati siano talvolta discutibili. È inoltre presente lo scheletro di un orso delle caverne, le cui dimensioni sono tali da non riuscire a spostare la teca, perciò non può essere esibito durante gli Open Day. Nell’aula Benzi inoltre sono custoditi numerosi volumi antichi, come per esempio le riviste ottocentesche che ho utilizzato per studiare la mummia.
Chi sta collaborando con il liceo per quanto riguarda il restauro?
L’Università di Torino è intervenuta in seguito alla nostra segnalazione di rendere fruibile la collezione e ha dimostrato un vivo interesse notando le potenzialità della collezione. Ci siamo trovati in sintonia sia per quanto riguarda le aspettative, sia per le loro competenze.
Il museo custodisce anche delle farfalle tropicali e dei coleotteri, alcuni dei quali autoctoni; diverse specie conservate nelle teche sono oggi estinte. Si tratta di reperti estremamente delicati, che in alcuni casi sono stati irreparabilmente compromessi dalle tarme. Sono così andate perdute numerose farfalle. L’Università di Torino vuole salvare il salvabile.
In che modo coinvolgete gli studenti nel progetto?
Ho invitato i ragazzi a partecipare agli Open Day della scuola e alle manifestazioni. All’inizio i ragazzi collaboravano solo per i crediti, ma quando scoprivano il museo scattava in loro l’entusiasmo. Avevo a disposizione quindici volontari per ripulire il museo, poi è arrivato il Covid e tutto si è bloccato. Una volta ha aderito una classe svogliata, che ho incaricato di occuparsi dei microscopi nell’aula di biologia. C’era una ragazza che non aveva voglia di fare niente, così le ho consegnato un femore. Lei inizialmente non aveva capito che si trattava di un resto umano. Quando le ho rivelato la verità mi aspettavo una reazione di orrore, lei invece si è illuminata e mi ha chiesto se fosse disponibile anche il resto del corpo. Le ho chiesto di ricomporre lo scheletro e lei ha eseguito il compito perfettamente, presentando ai visitatori il suo lavoro con impegno. Quando abbiamo lavorato sulla mummia, ho chiesto la sua collaborazione.
Prof.ssa Leali, come è iniziato il recupero della collezione?
Quattro anni fa erano attivi percorsi di scuola-lavoro (PCTO) nel liceo. Mentre mi occupavo di tali progetti, ho proposto al preside di esibire la collezione all’esterno dell’area inagibile, nel sito del liceo. Questa idea iniziale si è collegata ad un progetto di Chiara Spallino e Andrea Fumagalli, due ex alunni, che proponevano un recupero della collezione digitale. È nato un progetto che è stato sviluppato da studenti di più classi: i ragazzi hanno pulito reperti e creato un set fotografico per realizzare una mostra a Villa Carlotta (Tremezzina, CO). I primi reperti recuperati sono stati gli animali impagliati.
In che modo sta presentando il museo ai suoi ragazzi da un punto di vista didattico?
Attualmente io e la Prof.ssa Iperico siamo le referenti didattiche. Stiamo seguendo un gruppo di ragazzi che stanno scrivendo gli articoli necessari per la pubblicizzazione dell’iniziativa in corso. Sono state pubblicate le foto del martin pescatore e insieme abbiamo cercato testi e opere che abbiano come protagonista tale animale. Abbiamo scoperto che si tratta di un uccello importante nella mitologia bretone, il cui nome in inglese è per l’appunto kingfisher. Abbiamo inoltre realizzato delle ricerche sulle piante e sui fiori e abbiamo scoperto che Goethe era appassionato di fossili. Vogliamo coinvolgere gli studenti nella pubblicazione, nelle attività didattiche e nei contatti con le altre associazioni. Abbiamo riscontrato un grande entusiasmo, soprattutto nel corso classico: i ragazzi hanno scoperto che le scienze e le materie umanistiche sono strettamente collegate fra loro.
A che punto siete con la raccolta fondi?
La raccolta fondi è andata piuttosto bene, infatti grazie ad una campagna social abbiamo raggiunto la quota di 21.000 euro. Con il contributo di Fondazione Comasca tale somma salirà a 40.000 euro in quanto l’associazione si è impegnata a raddoppiare la cifra, ma si potrà donare fino a dicembre. Vogliamo arrivare a 100.000 euro. A settembre l’Università di Torino dovrebbe iniziare i lavori, Covid permettendo. Stiamo passando dalla fase di progettazione alla fase operativa. Ma per organizzare un’esposizione di alcuni reperti dobbiamo prima capire come e dove realizzare l’allestimento museale, come recuperare uno spazio del liceo e come esporre a turnazione le opere. Il museo, nato quando Alessandro Volta era reggente della scuola, è immenso; vogliamo aprirlo alle scuole del comasco e agli esperti che vogliono studiare i reperti più rari custoditi dal liceo, che difficilmente si trovano nel resto d’Europa.
Valeria Vite
Foto del Prof. Mercadante