“Il tendone dei sogni”: attraversare la vita con gli occhi dell’incanto
“Il tendone dei sogni” (OLTRE edizioni – Oltre Confine, pp. 342, euro 18) è la storia della vita, fino ad oggi, della sua autrice Sanja Hiblović Regazzoni.
E che vita! Nata a Dubrovnik, ha vissuto tra Cavtat e Belgrado, divisa tra l’affetto della madre e del padre che si separano. È un’infanzia difficile, Sanja impara presto a ingoiare le lacrime sull’aereo che da sola, la porta avanti e indietro tra le due città in base al calendario delle vacanze. Impara presto anche a mentire a fin di bene, e nelle lettere che da Belgrado scrive alla madre sorvola sulle difficoltà ad ambientarsi, sul profondo senso di dolore che prova per non condividere ogni istante con gli affetti lasciati a Cavtat. Eppure, fin da piccola, Sanja mostra la sua vera natura: quella di una persona che ama in modo sincero e sa farsi amare in modo altrettanto sincero, creando legami duraturi nel tempo, non importa dove si trovi. Sanja è dall’amore che si lascia sempre guidare e forse è questo che la porta a un primo matrimonio ancora molto giovane, diventando madre a sua volta della piccola Katarina.
“L’ultima estate che trascorsi con tutti i miei amici della Jugoslavia fu nel 1991. Qualcosa di terribile bolliva nella pentola del nostro paese. (…) Quell’anno la mia patria si dissolse, il io matrimonio fallì, molti dei miei sogni crollarono.”
Nel 1993, Sanja arriva in Italia, il primo matrimonio è naufragato e si ritrova a Pesaro con Katarina. Inizia per lei un periodo decisamente nuovo, difficile, ma anche pieno di esperienze e amicizie. Cambia spesso lavoro, conosce un nuovo compagno, Giancarlo, da cui nascerà Alissa. Cambiano le case, aumentano i legami che riesce a creare, la sua famiglia di origine sempre saldamente al fianco, non importa quanto difficile o faticoso sia fare avanti e indietro da un paese all’altro, da una città all’altra. Ed è proprio in Italia che Sanja conosce il circo di Moira Orfei che le apre la porta per quella che è forse la sua terza vita: incontra Gianchi, un altro Giancarlo ancora oggi al suo fianco; e comincia a lavorare nel circo, nel settore commerciale. Sono anni frenetici, fatti di spostamenti su e già per l’Italia, di cui Sanja si innamora definitivamente, di nipoti che arrivano, di affetti che se ne vanno, di crolli e abbandoni, di rinascita.
Sanja tocca molti temi in queste pagine. Le radici, indissolubili per lei e il legame con la famiglia, quella allargata, numerosa, festosa e rumorosa. Quella incasinata, ma punto fermo. Le tradizioni, un mix tra quelle di Cavtat, Belgrado, e italiane. Il mescolarsi di culture diverse, con le difficoltà del caso, in primis quelle linguistiche, ma con un patrimonio umano di bellezza e valore infiniti. Sanja ci racconta una vita sempre in movimento, sempre in velocità, e ce la racconta come se fosse un sogno, con gli occhi disincantati di una bambina, come ci suggerisce anche il linguaggio usato, semplice e forse ancora un poco acerbo per un romanzo. Pare quasi sorvolare sul dolore, Sanja, perfino quello di una guerra. Per questo, forse, il risveglio di cui ci parla nelle ultime pagine del libro è così difficile: è il passaggio all’età adulta, al saper lasciare andare chi non c’è più, all’essere anche un po’ egoisti per la propria felicità. Più di tutto, però, Sanja ci regala una lezione sempre valida e attuale: l’unica rete che conta è quella degli affetti che siamo in grado di creare, che ci attutisce le cadute e ci dà lo slancio.
Laura Franchi