Il Teatro Basilica tra le “Costellazioni”
J’ai tendu des cordes de clocher à clocher;
des guirlandes de fenêtre à fenêtre,
des chaînes d’or d’étoile à étoile, et je danse.
– Arthur Rimbaud –
“Costellazioni” di Nick Payne, nella traduzione italiana di Matteo Colombo, con la regia di Raphael Tobia Vogel ha illuminato quel piccolo gioiello che è il Teatro Basilica di Roma dal 24 gennaio al febbraio.
Pietro – Pietro Micci – ed Elena – Elena Lietti – si incontrano, si conoscono e si frequentano in varie realtà. A ogni loro azione è legata una conseguenza che delineerà le loro vite, come le nostre. Lui, mite e socievole, è un apicolture mentre lei, brillante e simpatica, lavora nel campo della cosmologia quantistica.
Una strada di luci – le stelle – avvolge dall’alto tutta la scena completamente vuota e sembra dirigere, con i riflessi, i movimenti dei due protagonisti. E sono proprio queste stelle (nel lavoro magistrale di Paolo Casati) a bloccare la sequenza di ogni scena e a riaprirla agli occhi dello spettatore, accompagnate da musiche e suoni che ne vanno a delimitare ogni raggio di luce, a rappresentare una reazione diversa in un determinato momento, con una determinata emozione o uno specifico linguaggio, che porterà a una data vita, sempre diversa, imprevedibile.
Ed ecco che il loro stato d’animo diventa anche quello di chi li guarda: altalenante nel seguire ogni gesto, passando da una sonora risata a un angoscioso e triste stato di attesa. E quindi scene, anche speculari, a narrare l’entusiasmo di un incontro, la passione, il dolore di una malattia, la morte, i tradimenti, la gioia di un ritorno. Fino a ritrovarsi in una danza. Per sempre o mai più.
Marianna Zito