“IL SOGNO DI PULCINELLA”: HO GIOCATO TRE NUMERI AL LOTTO
Gennaro Patrone, autore e attore di teatro ci prende per mano e ci porta nel cuore di Napoli, in un piccolo teatro, affascinante e resistente che ospita la sua farsa in un unico atto dal titolo “Il sogno di Pulcinella ovvero: Chiste so’ nummere…sicure?”. L’artista ama i piccoli spazi, come ci dirà a fine spettacolo, ringraziando noi, il pubblico pagante e l’artista Marina Confalone, presente in sala. Patrone viene dalla strada, porta la tradizione e la sua arte in giro per la città da sempre e, il piccolo spazio, gli permette di ricreare questa magia. Per questo lo spazio Larteindemmane è l’ideale, intimo e raccolto. Una sala da venticinque, trenta persone al massimo, una piccola comunità che l’artista con grande maestria riesce a coinvolgere e a far partecipare.
Pulcinella racconta di noi, Pulcinella siamo noi, i nostri vizi, le nostre virtù esasperate e vomitate in scena; e questo l’autore lo sa bene. Una risata ci seppellirà e con Gennaro Patrone e Paola Nappi, questa sera in scena, abbiamo riso di gusto. Veniamo trasportati in un sogno, o forse no, perché alla fine nessuno stava dormendo in scena, in una commedia degli equivoci niente è sicuro, nemmeno la morte e allora non lo sappiamo, non ci è dato sapere chi stesse dormendo davvero. Come dice anche Erri De Luca, in napoletano sogno e sonno la stessa cosa e questo Gennaro deve saperlo bene, gioca sul dubbio fino alla fine e poco importa del resto perché il pubblico anche senza sonno ha sognato con lui. In questo spettacolo Patrone mette in scena un Pulcinella alle prese con i problemi di tutti i giorni: se per un attimo togliessimo la maschera all’attore, ci renderemmo conto che dietro quegli occhi neri ci siamo tutti noi. Il mutuo da pagare, le bollette, un lavoro che non si trova. È il nostro ritratto, i choosy degli anni duemila. L’autore attraverso la tradizione napoletana affronta la continua battaglia quotidiana con il mondo esterno, con un sistema malato, bloccato e incatenato, dove le convenzioni la fanno da padrone. Una compagna che vuole, che pretende, che desidera il matrimonio, dei figli, una casa, una vita tranquilla, quello che le nostre ragazze ci dicono da sempre. Pulcinella non trova una soluzione migliore che tentare la fortuna. indovinare tre numeri al lotto. Chiedere aiuto ai morti perché ogni napoletano lo sa, i parenti che non ci sono più danni i numeri vincenti. Eduardo ci insegna. Così, come in una livella contemporanea, il nostro eroe si aggira in un cimitero alla ricerca forsennata di una sua vecchia zia, forse morta. Ancora una volta, Gennaro parte dalla tradizione per riportarla ai giorni nostri e criticare questo sistema malato, il gioco d’azzardo, il vizio, le soluzioni facili. Il mordi e fuggi. Sempre con un garbo da gran signore.
Ma il cimitero non è un posto raccomandabile di notte e Pulcinella incontra strani personaggi e tra equivoci e minacce dovrà cercare di non addormentarsi, sfidato e oltraggiato dalla morte in persona. Una splendida Paola Nappi, inquietante nei panni dell’oscura signora (se è vero che una risata ci seppellirà, quella sarà la sua). Divertente, travestita da anziana signora che si aggira di notte tra le tombe cercando i suoi cari e petulante e fastidiosa come fidanzata del protagonista, la nostra ragazza ideale insomma, Una e trina, insuperabile. Bellissima la citazione finale e l’omaggio al grande Massimo Troisi e la sua smorfia. Non solo San Gennaro dà i numeri, anche Pulcinella.
Antonio Conte
Fotografia di Paolo Vitale