Il sogno di Alice con i Momix al Teatro Romano di Verona
“Chi sei?”, le domandò. Alice rispose, timidamente: “Io, io al momento non saprei, signore-o almeno, so chi ero quando mi sono alzata stamattina, ma credo di essere cambiata molte volte da allora”. – Lewis Carroll, “Alice nel Paese delle Meraviglie”
I ballerini illusionisti Momix, diretti dall’americano Moses Pendleton, co-direttore Cynthia Quinn, sono tornati al Teatro Romano di Verona dal 29 luglio al 10 agosto per l’Estate Teatrale Veronese, portando in scena il loro nuovo spettacolo ispirato ad “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll. È ragionevole pensare che la follia e l’assurdità delle creature fantastiche raccontate nel romanzo pubblicato nel 1865 siano elementi perfettamente plasmabili allo stile eccentrico e magico della compagnia. Lo spettacolo ha una durata di quasi 2 ore e il primo atto Down the Rabbit Hole si apre poeticamente con la tanto attesa Alice, vestita di bianco e sospesa in altalena. Tanto già basta per catturare l’attenzione del teatro gremito e l’altalena-scala diventa già un viaggio verso un altrove, su cui i due ballerini danzano e quasi volano, sulla prima musica Cracked Mirrors and Stopped Clocks firmata Origamibiro–Tom Hill, Andy Tyherleigh, che anticipa una colonna musicale meravigliosa.
La bambina ha iniziato il suo viaggio e gli artisti originano un tripudio di invenzioni: Heather Conn, Gregory De Armond, Seah Hagan, Hannah Klinkman, Sean Landgford, Jade Primicias, Colton Wall. Il direttore artistico Pendleton dichiara che “Alice”, che ha debuttato in Prima Mondiale nel febbraio 2019 al Teatro Olimpico di Roma, è punto di partenza per dare libero sfogo alla fantasia e a nuove percezioni che solo i Momix sanno fare, senza voler narrare l’intera storia. Si entra immediatamente in un altro mondo, giochi di luci e proiezioni e appaiono le porte in cui, in un magico istante, Alice viene catturata. Non c’è tempo per pensare agli effetti speciali, i quadri cambiano rapidamente e la tana del coniglio è un momento riuscitissimo in cui le ballerine-Alice cadono e riemergono continuamente. Le coreografie danno l’illusione di entrare nei cunicoli profondi alla ricerca del Bianconiglio, sempre più giù, in un mondo sottosopra in cui tutto è plausibile. Appaiono bambole gigantesche e il presto che è tardi è reso in maniera straordinaria dai ballerini che indossano la maschera del coniglio. Il tempo corre e il genio ispiratore si diletta anche in grandi cartonati con il viso di neonati fino a concentrarsi sui biondissimi e lunghissimi capelli dell’eroina, il cui spirito dell’opera pervade così tanto lo spettacolo che si va oltre, ma basta rimanere aggrappati per non perdere l’equilibrio. L’asticella si alza quando appaiono i funghi e gli abiti rossi e neri delle ballerine – ideazione costumi di Phoebe Katzin – permettono trasformazioni continue di molteplici figure. L’immaginazione non ha limiti e ognuno può volare dove preferisce: un lato del fungo accorcia e un lato allunga, basta scegliere. Non poteva non esserci il riferimento al Cappellaio Matto e il suo cappello è un ipnotico gioco con cui le prodezze coreografiche non hanno mai fine, buon non compleanno a tutti. Con il momento felice e rosso della Regina di Cuori che, tra le Carte, volteggia e balla con maestria, l’atmosfera che si percepisce cambia nuovamente e cade ogni punto di riferimento, fino agli specchi, attraverso cui i danzatori creano stupore e meraviglia, accompagnando il pubblico attento alla fine del primo atto, tutto può ancora succedere.
Through the Looking-Glass è il titolo del secondo atto e il mare con le danzatrici su barche-ombrello lo introduce, per giungere nel folto della foresta, in cui una intensa performance di ballo dà ulteriore prova della loro eccezionalità. Alice è presente, il mondo dà l’impressione di muoversi, cambia volto e lei ogni tanto appare e scompare, grazie alle realizzazioni di Michael Curry. Si fa un successivo salto, oltre il tempo e lo spazio, nell’inconscio, nei sogni di Alice o nei nostri: le forme mutano, i ballerini cambiano le loro sembianze, l’aria si fa psichedelica e una sorta di trance aleggia sul palco. Abbiamo attraversato lo specchio? In Alice, ma soprattutto con i Momix, tutto è possibile: Alice ha mangiato il dolce giusto e ha la possibilità di crescere, diventare gigante e immensa, fino a sovrastare il palco e sommergere di incanto ogni spettatore, con una White Rabbit di Grace Wing Slick da brividi.
La fama mondiale precede i Momix di Moses Pendleton e le aspettative sui loro lavori risultano molto alte. Alice necessita di quel rodaggio che solo decine e decine di repliche possono dare, per rendere il tutto assolutamente perfetto. I ballerini eseguono coreografie complesse e pretenziose, talvolta al limite dell’immaginario, hanno magnificenza corporale e non si può che guardarli estasiati. Con l’ultima creazione di Pendleton il pubblico ha la possibilità di giustificare la propria follia, entrare nel sottomondo o attraversare lo specchio, dove creature di ogni genere e forma sono ora reali, senza tabù, senza freni alla propria fantasia e ai propri desideri.
Silvia Paganini