Il singolo “Non sopporto” e il disco “Non so se posso”: l’ironia e l’amore che stride secondo Carmelo Piraino – L’intervista
Il 16 aprile è uscito “Non sopporto”, il primo singolo del cantautore palermitano Carmelo Piraino, che anticipa quella del primo disco “Non so se posso”. L’artista, classe 75, si è diplomato al Cet, la scuola di Mogol, nel 2009 e ha esordito come autore con il libro “Laura non c’è, scusami Nek se anche la mia Laura non c’è” annesso a un cd di canzoni. Il suo percorso di autore prosegue negli anni successivi e si espande alla figura di presentatore e docente di songwriting. Nel 2018 arriva in finale al concorso Musica contro le Mafie e Sanremo Rock mentre nel 2019 si aggiudica il Premio Donida. In occasione dell’uscita del suo primo singolo e album gli abbiamo fatto qualche domanda.
“Non sopporto” è il tuo primo singolo, quando hai scritto questo brano, che racconta il post-lite con la tua partner? Lei ha ascoltato la canzone, come l’ha presa?
Mi piace questa domanda perché è attenta al testo e soprattutto strizza l’occhio al punto di vista di chi la riceve. Sembra una domanda fatta da una Donna. Andiamo per gradi. L’abbiamo scelto come singolo perché è quello che da piccoli sondaggi tra amici e ascoltatori random piaceva di più, non so se sia il più rappresentativo, ma è quello più immediato a quanto pare. L’ho scritto circa 4 anni fa. Dopo una telefonata al sapore di disappunto, in quelle giornate in cui anche gli astri condotti da Saturno si mettono contro. E quindi feci una considerazione proprio sul momento: perché pur amandoci tanto si arriva a non sopportarsi spesso? Ma l’amore è soprattutto questo: superare le contingenze quotidiane, non è bello se non è litigarello, poi, come dico nella canzone “lo scopriremo se poi ci lasciamo”. Ed è comunque una richiesta d’amore dettata dalla paura che possa finire, alla fine infatti la richiesta, a cui tengo molto, è “dammi la mano, disinneschiamo, facciamo piano perché Ti amo! “
“Non sopporto” è una canzone d’amore in cui si esaltano i difetti; canti “c’è un’avvertenza anche nel Kinder Bueno” pensi che anche nelle coppie più affiatate ci sia sempre qualcosa che stride?
Se non fa scintille non è Amore. Deve stridere. Io credo nel concetto di accettazione e di testimone nella coppia. C’è comunque una misura nelle sì cose sempre. Starsi accanto non è altro che vedere nell’altro un compagno/compagna che ti faccia da specchio e anche ti completi. Ultimamente tento di eliminare dai miei schemi mentali le classificazioni e le categorizzazioni, quindi niente è buono o brutto, male o bene, siamo fatti di tutto un po’, e di un po’ di tutto. Se un giorno proviamo odio non è detto che siamo persone che odiano sempre e in generale. Nella canzone c’è alla fine tanta ironia, e quella del Kinder Bueno lo è. Corrisponde comunque a verità, per quanto sia buonissimo il kinder, se se ne abusa, può fare male. Mi ricordo di averlo constatato con un tubetto di Morositas, famose caramelle morbide alla liquirizia. Al liceo in 5 ore di lezione mangiai tutto il tubetto scappando poi per il bagno. Nelle avvertenze lessi successivamente che l’abuso poteva creare lassismo intestinale. Ecco! Quindi è questione di armonia e misura, per quanto il concetto d’amore non sembri essere un concetto matematico anche qui la misura forse esiste. Prendo a prestito un analogia che viene da alcuni studi astrologici, che associa l’unione degli amanti Marte e Venere, che incontrandosi danno forma all’amore, agli elementi chimici Cloro e Sodio, la cui unione da vita al Cloruro di sodio, più comunemente conosciuto come il Sale, che se non è gestito bene e con misura può rovinare una pietanza. Così l’amore, che per analogia, in questo caso, corrisponde al Sale, se non è gestito bene e armoniosamente può rovinare i rapporti di qualunque genere. Questo concetto so che può far rabbrividire i puritani romantici ma, a me, nel suo sillogismo iperrealista, stuzzica molto.
Girerai il videoclip di “Non sopporto”?
Non faremo un videoclip classico per i singoli, ma per fine giugno sarà disponibile una sorta di video Concert- Priveè. Ci stiamo lavorando, non voglio spoilerare più del dovuto.
Se potessi continuare la frase “Non so se posso” cosa aggiungeresti?
Non so se posso scrivere, cantare, ballare, raccontare, suonare… però… Il bello di “Non so se posso” è che è una domanda retorica, a cui nessuno deve in realtà rispondere e a cui nessuno soprattutto può rispondere “no! non puoi”. Insomma una paraculata. Poi è anche una forma educativa sincera per accingersi a fare qualcosa in punta di piedi. Ecco il perché della scelta di questo titolo dell’album, è la doppia valenza che mi piaceva.
Farai uscire un altro singolo da “Non so se posso”?
Sì, da metà giugno entro e non oltre i primi di luglio uscirà un altro singolo, non rivelerò qual è, ma è il più estivo di tutti. Quindi ascoltate il disco e scopritelo da soli.
Sei stato in finale per Musica contro le Mafie e Sanremo Rock nel 2018 e nel 2019 hai vinto il Premio Donida, hai in programma altri concorsi?
I concorsi li amo perché sono momenti di condivisione bellissimi con altri cantautori/cantanti che sono lì per la stessa passione comune, sono sempre costruttivi e io ne ho fatti tanti da autore dietro le quinte. Io li amo perché mi riportano a quella sensazione che si vive al Cet di Mogol, l’accademia dove mi sono formato, dove si fa musica in maniera totale e disinteressata. Per il momento, a parte l’iscrizione dell’album al Premio Tenco, che però non è un vero contest, perché non prevede incontri ne esibizioni, non parteciperò a concorsi.
C’è un brano che hai scritto di cui sei particolarmente orgoglioso?
Sì, una canzone che ancora dentro il cassetto e si intitola “ Tutto cambierà” scritta su una melodia di un amico calabrese, anche lui compositore del Cet. È una considerazione sulla tempra e l’anima dell’uomo, in quanto essere umano, che si districa tra questo mondo terreno, l’universo e l’aspetto più spirituale del rapporto con l’amore e con Dio. Ero molto ispirato dalla pioggia vista dal finestrino di un treno Roma- Napoli e l’ho scritta sul treno ascoltando la melodia in cuffia. Momento metafisico!
Quando hai iniziato a scrivere canzoni e quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Ho iniziato a 18 anni appena ho cominciato a sapere suonare il primo accordo alla chitarra. Poi scrivevo ovunque, all’università, mentre il professore spiegava diritto, sulla vespa mentre al tramonto ero di ritorno a casa, al cesso, al mare, a letto etc., ero sempre ispirato. Poi, finiti gli studi universitari, che hanno rallentato la passione, a 33 anni scopro la scuola di Mogol e dove mi sono formato, formato, formato e non mi sono più fermato. “Non so se posso”, ma voglio ringraziare Massimo Scalici che ha curato la produzione artistica, compresa la grafica, e i musicisti Manfredi Tumminello alle chitarre e basso e Manfredi Caputo alle percussioni.
Roberta Usardi
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