IL RISO AMARO DI RIONDINO ALLA SALA PEGASUS
Ossessione di molti e necessità di tutti. Politici, Sociologi, psicologi, economisti, scrittori ritornano a dedicarvi le loro riflessioni e i loro studi. Ultimamente anche il Papa l’ha descritto come un moderno idolo che ruba la vita e porta alla solitudine. Non ha voluto esimersi dal dire la sua nemmeno il poliedrico artista David Riondino, che a Spoleto ha portato la prima nazionale de Il Dio denaro. Un evento speciale della rassegna “Libro d’Ingresso!, in programma nell’ambito di “Le Quattro Stagioni – Spoleto d’Estate”, tenutosi giovedì 27 settembre alla Sala Pegasus.
David Riondino accompagnato al piano da Fabrizio De Rossi Re, attraverso una serie di riflessioni ci racconta la relazione che oggi intercorre tra Dio e il Denaro. Come spiega lo stesso Riondino “È arrivata una nuova religione sincretica o, per meglio dire, il risvegliarsi in forme nuove di un antico Dio. Il denaro riscatta, inserisce in una communitas, attraverso di lui si entra nei meandri di una cultura planetaria sofisticata, come attraverso il Cristianesimo il Socialismo o l’Islam o il Buddismo. Altari-computers, attraverso gli schermi dei quali puoi giocare in borsa. Si può dire che si prega in qualche maniera, premendo il pulsante compra e vendi: si condivide una comunione, si partecipa a un gesto liturgico significativo e universale: “compra e vendi”, rendi visibile l’invisibile e conferma la tua fede nel simbolo che diventa Verità, nel Conto Corrente.”
Cosi Riondino con poesiole, canzonette, stornelli ci racconta la sua personale visione del dio denaro e lo fa utilizzando la politica nazionale proponendoci una Fornero vestita da torero, e una Raggi che si rispecchia in una pozzanghera, fino a porre uno sguardo sul mondo raccontando i recenti tristi accadimenti dei migranti. Ci fa sorridere con il suo umorismo delicato, un sorriso un po’ amaro perché in questo sistema economico che idolatra i soldi, dove l’attrazione per i beni materiali è più forte rispetto al passato, assumiamo la consapevolezza che l’uomo è sempre più asservito alla schiavitù dell’avere.
Michela Bruschini