IL RAMO SPEZZATO – LA MANCANZA DI D. F. WALLACE
Pagine di mancanza, di memoria, dolore, di domande e risposte. Ognuna è un abisso interminabile da dove Karen Green dal 2008 non riesce o non vuole più tornare.
“IL RAMO SPEZZATO” (Baldini+Castoldi 2018, pp. 188, euro 26) è il racconto opaco al mondo, a chi è fuori, della perdita di un compagno. Una mancanza di gesti, un’assenza di odori e di suoni nei luoghi ormai vuoti, è un cumulo di teneri ricordi che accarezzano le pagine come aria fresca e con un profumo di fiori, una percezione continua di presenza nell’assenza – “stamattina non ci sei, sei ovunque”– , un abbandono non preventivato (o forse non sperato), mentre – tra pillole e sigarette – tutto rimane nitido nella mente di chi rimane, “Io resto sveglia tutta la notte, a ricordare la sfumatura del colore dei capezzoli di mio marito”.
Cosa resta e cosa cambia?
Ed è estate, autunno e poi inverno, primavera e di nuovo estate e “sogno di starmene sulla riva del mare e non vedere le pieghe delle sue orecchie in ogni conchiglia”. Il distacco dal reale per cercarlo altrove, la sua stessa malattia per ritrovarlo, il desiderio delle cose irritanti ma solo per riaverlo ancora, per non averlo “in pace”. Ci sono i particolari della realtà, i pensieri sovrapposti, ritagli, appunti e parole e c’è in continuazione lui, in ogni passo o allontanamento e la determinata e continua ricerca di “un posto dove non sento le nostre conversazioni”.
Karen Green ci rende così partecipi della sua perdita, della perdita del grande scrittore e uomo che era David Foster Wallace, si innesca in lei quel meccanismo di dolorosa comprensione verso la decisione che però la porta inesorabilmente a cercare lo stesso baratro che ha spinto il marito a lasciarla. Una continua ricerca di un contatto e di quel distacco auspicato per riuscire a salvare in qualche modo se stessa.
Marianna Zito