“Il ponte di Istanbul. Un progetto incompiuto di Leonardo Da Vinci” di Gabriella Airaldi
Galata o Pera, il quartiere di Istanbul situato sulla sponda Nord del Corno d’Oro, fu colonia di Genova in terra bizantina dal 1267 al 1453, anno della caduta di Costantinopoli, ma poi, grazie alla prudente politica di neutralità fra Occidente e Oriente perseguita tradizionalmente dai genovesi, continuò a intrattenere buoni rapporti coi conquistatori ottomani. I genovesi infatti gestivano i principali traffici commerciali fra Oriente e Occidente, e attraverso il Banco di San Giorgio e i capitali privati delle famiglie più in vista fornivano risorse monetarie al mondo intero, al punto che gli storici chiamano il ‘500 e il ‘600 “i secoli di Genova”. Pera o Galata era il centro privilegiato di questi traffici, e per suo tramite giungevano alle principali città dell’epoca, sia a Ovest che a Est, spezie, coloranti, ambra, cotone, seta, corallo, oro, argento, tele, velluti, vino, grano, riso, e insomma tanto il necessario quanto il superfluo. Le grandi navi genovesi da carico, tonde e a tre alberi, stazzavano 1000 tonnellate contro le 300 delle galee dei veneziani (tradizionali concorrenti, ma ben presto spodestati, dei genovesi), e potevano imbarcare carichi per il valore di ottocentomila fiorini. Ovviamente la Sublime Porta era interessata non meno di Bisanzio a questo movimento di merci che passavano per Galata, e almeno fino al 1683 lasciò in mano ai genovesi la gestione di tutto. Anzi, per facilitare il traffico fra Pera e Istanbul, il nuovo sultano degli Ottomani Bayezid II bandì una “gara” per la costruzione di un ponte fra le due sponde della città, il centro commerciale di Galata e Istanbul.
Genio poliedrico e versatile, Leonardo non poteva esimersi, e spedì al sultano una lettera, che si fece tradurre nella lingua turca, nella quale, insieme al curriculum delle sue attività, allegava un dettagliato progetto per la costruzione del ponte. La lettera è conservata nell’ArchivioTopkapi Sarayi di Istanbul, ed è datata Genova 1502. Leonardo da Vinci era allora al culmine della sua carriera. Aveva lavorato a Firenze, Milano, Pavia, Mantova, Venezia e Roma, e sono notissimi i suoi rapporti con Cesare Borgia in Romagna e Francesco I in Francia. Leonardo è l’icona di tutto il Rinascimento italiano, il risultato, come scrive Gabriella Airaldi, di un rinnovamento culturale che mette in crisi il concetto tradizionale di “sapere”, legato ancora, come diceva Leonardo platonizzando, alla «pratica senza scienza», cioè senza «matematiche dimostrazioni», e ne propone uno nuovo, legato allo stretto rapporto tra osservazione, regole matematiche e attività operative, assai più consono alle esigenze di una società civile sempre più complessa. Il progetto di Leonardo, di cui si trova traccia anche in altre opere, non poté essere realizzato (e nemmeno quello susseguente di Michelangelo), e per avere il primo ponte (a cui seguirono altri) tra le due metà di Istanbul bisognerà aspettare il 1845 e il sultano Abdülmecid I. Tuttavia il progetto di Leonardo è stato studiato a fondo in età moderna, e variamente utilizzato nella effettiva costruzione di ponti in alcune città (vedi il dettagliato capitolo conclusivo del libro).
Riccamente documentato, “Il ponte di Istanbul. Un progetto incompiuto di Leonardo Da Vinci” (Marietti 1820, 2019, pp. 93, euro 10) di Gabriella Airaldi accompagna il lettore in un viaggio nello spazio e nel tempo che attraversa l’Europa e l’Asia Minore, e in cui si intrecciano e si rinsaldano continuamente i rapporti, non solo economici, fra Occidente e Oriente. E, al di là di questo, emerge dall’opera, né si può ignorare, un messaggio, racchiuso nel valore metaforico del ponte, che ci permette di sperare in una ritrovata unità fra culture diverse, alla cui realizzazione le menti più aperte di entrambi i versanti hanno sempre lavorato.
Luciano Albanese