“Il peso del mondo nelle cose” in scena al Teatro Storchi di Modena
La prima parte dello spettacolo “Il peso del mondo nelle cose” è andata in scena al Teatro Storchi di Modena, regia di Claudio Longhi, drammaturgia di Alejandro Tantanian.
Una volta c’era il mondo, una volta c’era rumore là fuori, una volta c’era una preghiera condivisa… e oggi? Mobili bianchi, una finestra (realmente) aperta sul verde degli alberi, subito chiusa. Vedere le mascherine in uno spettacolo teatrale avrebbe potuto stonare con il racconto di qualcosa di diverso dal mondo di oggi, invece lo spettacolo racconta proprio di questo, la realtà in cui viviamo, una riflessione intensamente filosofica, a tratti cabarettistica, a tratti orientata nell’aldilà, su questo momento storico particolare. È la natura a tornare protagonista, una piantina, la iena, la tigre, gli uccelli migratori, l’acqua dei fiumi, i fili d’erba, che penseranno delle nostre umane elucubrazioni? Una canzone dedicata al povero mondo è una canzone che ci riguarda tutti, perché ora la tristezza è sovrana nella natura. La vita e la morte sono il pieno e il vuoto dell’universo, la natura non si può ridurre a miserabili formule chimiche: quando l’acqua scopre che tutta la sua grandezza e magnificenza si riduce ad una parolina, H2O, che cosa potrà mai pensare? Allora forse dovremmo restare in silenzio, fare come il mare, che è il silenzio di Dio, e lasciare parlare gli spiriti, i fantasmi – si i fantasmi, e allora?- forse avranno qualcosa di dirci che noi, ancora permeati di materia, non possiamo sapere o capire.
C’è una storia di perdita, qualcuno di amato che non c’è più, che si lega alla perdita della nostra umanità come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Delfina (magistralmente interpretata da Diana Manea) ci accompagna in questa incursione nel regno dei morti: si muove leggera sul palco, eterea, il trait d’union tra il mondo dei non-vivi e noi, la messaggera sospesa tra due mondi. Quando raggiunge l’aldilà, si copre il volto con un velo bianco, in bilico tra il mondo degli spiriti liberi e quelli ancora ingabbiati quali siamo. Con il suo gesticolare apparentemente sconnesso, è lei che può parlare con i morti, creando così un legame molto più stretto tra la natura tel quel e il mondo invisibile, quasi che il nostro mondo reale di essere umani su questa terra paia solo una parentesi quasi non necessaria, anzi nociva. Ed in effetti questa parentesi pare erodersi sempre di più: noi umani siamo ormai solo sagome, ombre in penombra, ritagliate nella misura di questi tempi.
A controbilanciare le tinte sovrannaturali e la tensione di questo racconto, intervalli in stile cabaret. L’anfitrione Michele Dell’Utri ci intrattiene, comparendo e scomparendo a piacimento, interrompendo il dialogo che racconta la favola del materialismo. Una buona risata aiuta la narrazione più dolorosa e intensa sull’aldilà. La musica dal vivo di Esmeralda Sella al pianoforte e di Renata Lackó e Mariel Tahiraj al violino è davvero incantevole e contribuisce all’atmosfera magica di questo spettacolo.
La seconda parte dal 7 all’11 ottobre, sono proprio curiosa di sapere come andrà a finire.
Angelica Pizzolla
Fotografia di Francesca Cappi
Mi sono appassionato al teatro solo recentemente, mi era capitato prima di andare ma non ne avevo mai compreso del tutto la magia; ora invece sono sempre alla ricerca di nuovi spettacoli.
Questo lo aggiungo sicuramente alla mia lista!