“Il nastro e la mela”, il dignitoso e commovente ricordo di Alan M. Turing
“How I wish, how I wish you were here.” Pink Floyd
Il Teatro di Ipazia, con la regia e la recitazione di William Jean Bertozzo, ha portato in scena al teatro Camploy, rassegna amatoriale 2019/2020, nelle date del 4 e 5 gennaio, “Il nastro e la mela, Elegia per Alan M. Turing”. L’associazione culturale è portatrice del teatro di narrazione e promuove la rappresentazione scenica di testi contemporanei.
I più avranno conosciuto il matematico (ma anche logico, crittografo e filosofo) con il film The imitation game, di Morten Tyldum e con Benedict Cumberbacht, ambientato nella seconda guerra mondiale, in cui Turing riesce a decrittare i messaggi segreti nazisti con la macchina chiamata Enigma. Ma Turing è stato molto di più e il doveroso impegno di dimostrarlo riesce perfettamente a Bertozzo che ha la passione e il fervore di voler mettere il pubblico a conoscenza dell’incredibile e drammatica storia del genio britannico. Accompagnato fin dall’inizio da una band con un notevole sound, ma con una forzata partecipazione che richiederebbe maggiore amalgama, l’attore dichiara di voler partire dalla fine della biografia, in cui si narra che il matematico morì suicida per una mela avvelenata con il cianuro di potassio, ma racconta anche che niente lasciava presagire il suicidio. C’è fame di verità, di mettere sul tavolo ogni ipotesi, analisi di probabilità e fatti possibili, c’è l’urgenza del riconoscimento di un uomo dotato di una mente eccezionale. E quindi viene raccontata la storia, a partire dalla cosiddetta Macchina di Turing, caratterizzata da un infinito nastro su cui si possono scrivere diversi simboli, capace di eseguire ogni tipo di calcolo e che viene considerata il primo modello di quello che sarà il moderno computer.
Con la guerra del ’45 viene arruolato dal governo inglese come crittografo e migliora la macchina Bomba, tra i molteplici interessi c’è il grande contributo dato all’intelligenza artificiale, con il determinante articolo apparso sulla rivista Mind, il Test di Turing, ipotesi e dimostrazioni sulle capacità di pensiero di una macchina. Ma la vita del genio matematico prende una svolta umiliante e disumana: nell’Inghilterra degli anni ’50 l’omosessualità era considerata reato che veniva punito con il carcere o la castrazione chimica. Turing sceglie la seconda terribile pena, che prevedeva l’assunzione di ormoni estrogeni. Iniziò il declino di una vita che venne ovviamente celebrata molti anni dopo e cela ancora numerose ombre e fantasmi, a cominciare dal presunto suicidio (omicidio?) avvenuto nel 1954, a soli 41 anni.
Bertozzo propone diverse e interessanti ipotesi, su morte e vita, ma l’unica assoluta certezza è che Alan Mathison Turing è l’indiscutibile genio artefice del computer. Una strepitosa Wish you were here dei Pink Floyd chiude il circolo dei grandi pezzi che hanno accompagnato la serata e testimonia ancora una volta il sentimento e la forza che il Teatro di Ipazia ha avuto per creare questo incredibile spettacolo di una vita umana.
(Sarà solo nel 2009 che il premier inglese Gordon Brown farà pubblica ammenda per il trattamento subito da Turing e 4 anni più tardi arriverà anche il perdono postumo dalla regina Elisabetta II. Dal 2021 entrerà in circolazione una nuova banconota da 50 sterline con il volto di Alan Turing, omaggio dovuto all’uomo che salvò l’Inghilterra durante l’evento bellico).
Silvia Paganini