il malandrino è uscito con il disco d’esordio “I giorni comunque belli” – La recensione
Il malandrino, nome d’arte di Michele Calabrò, cantautore torinese di origini calabresi, ha pubblicato da poco, lo scorso 27 ottobre, il primo disco, dal titolo “I giorni comunque belli”, anticipato dai singoli “Innamorati di me” e “Non chiedermi di più (feat. Diego Perrone)” (qui l’intervista in occasione dell’uscita di quest’ultimo singolo). Abbiamo ascoltato questa opera prima, che abbiamo trovato piacevole e interessante, dei brani che hanno grandi emozioni e che portano positività da ogni situazione.
Ma veniamo al dettaglio dei nove brani inediti.
“I tuoi ricci” ha basso ipnotico a scandire strofe che si unisce al sound pop e alla chitarra elettrica, per sfociare e aprirsi nel ritornello: “è semplice perdersi dentro di te perché è facile, è facile perdersi, mi arrampicherei sui tuoi ricci”, si tratta di una canzone d’amore efficace che si aggrqppa a elementi insoliti, come i ricci del titolo.
“Non chiedermi di più (feat. Diego Perrone)” è il singolo di più recente uscita, che abbina il rap alla melodia cantata del ritornello da Diego Perrone, il testo denota inquietudine interiore, scandita dalle pennate della chitarra elettrica in sottofondo “non lo capisci non devi metterti fra le mie cose, diventeersti banalità”, anche questa, a suo modo è una canzone d’amore, dove si vedono i limiti tra ciò che è possibile e ciò che non lo è.
“Innamorati di me” è una melodica ballata d’amore, usscita come primo singolo, in cui si esorta ad accogliere pregi e difetti per potersi innamorare “innamorati di me quando non sai più cosa fare” il tutto in un’atmosfera scanzonata, un testo che colpisce per la sincerità “e anche quando questa notte passerà e non avrai più voglia di guidare, e anche quando questa notte finirà e non avrai piu voglia di ballare resta qua”.
“Panda granata” introduce in un’atmosfera triste fin dalle prime note che evoca ricordi di un passato e del difficile rapporto padre e figlio, in cui la Panda granata era il nascondiglio in cui rifugiarsi, mentre in testa si affollano le raccomandazioni e del riflesso del padre, a distanza di anni, allo specchio: “pensa a tua sorella, salva tua sorella e non la fare preoccupare, pensa a tuo fratello, salva tuo fratello, che non sa più respirare” con il sottotesto, amarissimo, “e non salvare te”; un lento struggente, in cui il synth e la chitarra elettrica completano il quadro emotivo.
“L’America” ha tutt’altra atmosfera, di ricordo, di allegria, che parte citando delle vecchie foto, mentre la musica avvolge il racconto, che si stabilisce quando il racconto continua e si definisce il tempo passato come America, perché definito un periodo più semplice da vivere rispetto al presente: “e se mi sforzo un po’ ritorno ancora là, in quei pomeriggi sudati quando cantare costava la metà”.
“Primo sguardo” è un lento soffuso, una canzone d’amore di reciproco scambio, cuore a cuore, sottolineato anche dalla doppia voce, a distanza di un’ottava: “e sei tu che mi guardi così, e sei tu che capisci che c’è, e sei tu a scavare nel profondo dell’anima”, il brano, nell’ultimo minuto si fa più forte e ruggisce il ritornello, con grande enfasi.
“Di notte” ha un bel ritmo che trascina, un po’ anni 70, con la seconda strofa rap, che si apre con il ritornello, che coinvolge e porta a cantare e a ballare sulla melodia: “se chiudo gli occhi ci sei solo tu, a braccia aperte adesso puoi volare, ti puoi lasciare andare”.
“Profumo di legno (feat. Stefania Tasca)” è un lento che inizia con tastiera synth e voce, prima piano e poi più forte, fino a coinvolgere gli altri strumenti “a Torino è sempre inverno anche se non nevica, anche se è domenica”. La canzone vede ospite Stefania Tasca, la sua splendida voce, sia rap in lingua inglese sia cantata da un prezioso tocco di soul al brano.
“Un giorno sarò vecchio” chiude il disco, un brano introspettivo ed emozionante, che inizia piano con la chitarra acustica ad arpeggiare, in linea con il testo, una serie di riflessioni sul futuro, sulle scelte fatte, sulle gioie, come quella di diventare genitore o di gioie future, o sul trovare un lavoro fisso: “un giorno sarò vecchio per la laurea e guarderò mia figlia che si laurea e penserò alla gioia che sto provando e a quella di mio padre che non ha provato mai”. Un inno alla vita nonostante tutto, che a poco più di metà diventa rock con un assolo di chitarra da brividi.
Un disco sincero, un esordio che promette bene.
Roberta Usardi
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