“Il levante” – La “Rivoluzione” di Mircea Cartarescu
Presentato al Salone del libro di Torino 2019 (qui il link), “Il levante” è il nuovo titolo dello scrittore e poeta Mircea Cărtărescu, amatissimo in Italia, pubblicato da Voland.
Un testo per certi versi straniante, questo libro pubblicato in Italia per la prima volta, stampato in Romania nel 1990 e al quale l’autore aveva iniziato a lavorare già dal 1987. Un’opera giovanile, dunque, pensata e scritta durante i terribili anni del regime di Ceausescu, giunto al suo termine nel dicembre del 1989. E “Rivoluzione” è una delle parole chiave di questo particolare romanzo in dodici canti.
“Inno alla libertà e alla poesia, Il Levante narra le imprese di Manoil, giovane coraggioso che incita il suo popolo alla rivolta per far cadere il despota fanariota, crudele e corrotto. Durante il suo periplo – nei mari, sottoterra, nei cieli – è accompagnato dalla sorella Zenaida e dal suo spasimante francese Languedoc Brillant, dal pirata greco Iogurta e da suo figlio Zotalis, e infine dall’erudito Leonidas, detto l’Antropofago, e dalla sua consorte Zoe”, così come viene presentato dall’editore sul proprio sito. Ma “Il Levante” non è solo una storia sui generis d’avventura, favola picaresca ed eroica, bensì un intreccio di prosa e poesia, di racconto e digressioni, e ancora di più di citazioni e riscritture. Se possiamo riconoscere all’interno del testo una linea narrativa che richiama la struttura de Le mille e una notte, dell’Asino d’oro di Apuleio, fino al Diderot di Jacques il fatalista, più profonde risultano, come dicevamo, le riscritture, i rinvii, le parafrasi del vasto mondo letterario/poetico romeno. L’ambizioso poema epico si trasforma quindi in un gioco metaletterario, dinamicamente vivo, teso a definire in ultima analisi anche lo stato dell’arte delle vicende poetiche romene.
Ce lo spiega ottimamente Bruno Mazzoni, curatore del volume e autore della postfazione, spiegandoci come, oltre alle sperimentazioni compositive, Cărtărescu abbia attuato tre modalità stilistiche proprie del mondo delle lettere classiche: imitatio, aemulatio e interpretatio, “le quali vanno di fatto a creare, in crescendo, un’originale autonomia creativa da parte di colui che dialoga con una serie piuttosto ricca e cronologicamente ampia di testi appartenenti ad autori e opere letterarie del passato”, e del presente, con incursioni nella contemporaneità: da George Steiner a Gramsci e Che Guevara, a fil e gruppi musicali rock. La storia di Manoil viaggia in quel tempo sospeso tra finzione e realtà, in mondi fantastici e irreali che parlano e voglio agire sul presente, sempre preda di oppressi e oppressori. Per questo la storia narrata ne “Il levante”, e “Il levante” stesso funge da libro da combattimento.
Dicevamo della poesia romena. Per chi non è a conoscenza dell’argomento, sempre Mazzoni ci spiega bene un passaggio importante: quello del Canto VII, il più ricco di riferimenti e implicazioni relativi alla storia della poesia rumena. Novello Dante, Cartarescu pone il suo personaggio Manoil accanto a una ninfa che lo accompagna dinanzi a una serie di statue raffiguranti i padri della poesia rumena: da Eminescu (il più importante poeta della lirica romena moderna) a Ion Barbu, da Bacovia a Lucian Blaga, da Nichita Stanescu a Tudor Arghezi. E infine, Manoil stesso, cioè Cărtărescu stesso, a richiamare Ovidio e poi Dante nel porsi dietro ai propri maestri lirici, come modesti e umili continuatori della tradizione.
Gioco, divertissement, provocazione, allusività. E ancora: avventura, epicità, storie d’amore e battaglie picaresche. Questi sono alcuni degli elementi de “Il levante” di Mircea Cărtărescu , un romanzo arioso, intricato ma non per questo meno godibile. Una lettura su più livelli che pensiamo avrà bisogno di tempo per essere assimilato in toto, ma che già a una prima lettura ci regala il senso della meraviglia della scrittura e della libertà.
Giovanni Canadè