“Il Levante” di Mircea Cărtărescu al Salone di Torino
È piena la Sala Romania del Salone Internazionale del Libro alla presentazione de “Il Levante” (pp. 224, euro 17) di Mircea Cărtărescu, pubblicato grazie alla tenacia e la passione della casa editrice Voland nella Collana Intrecci e di cui ci parlano in questo incontro Marco Dotti, Bruno Mazzoni – curatore del testo – e Vanni Santoni. Un’opera questa che porta in sé e nella sua scrittura una grande varietà di elementi per il traduttore e che racchiude in sé una valenza estremamente significativa per gli appassionati della letteratura romena, la quale spesso trova una forte resistenza, nonostante sia oggi una letteratura che conta e che ha ampiamente conquistato il suo posto nel mondo.
Un libro a cui l’autore lavorava dal 1987 e che vede la luce nel 1990, che ci conduce quindi con un salto temporale verso il passato, mettendoci in tal modo nella condizione di non individuare un quadro di riferimento ben preciso, conducendosi di continuo all’interno e al di fuori dai piani di realtà. Cărtărescu gioca quindi con i piani di realtà. Ma qual è la realtà? Probabilmente la realtà è proprio l’intensità di questo salto e non un preciso incastro temporale. Il libro è ricco di elementi di critica al sistema, tanto che l’autore non lo concepì come un libro da pubblicare, ma vi racchiuse una sublimazione della poesia e della libertà. Il personaggio principale Manoil – accompagnato da vari personaggi, tra cui la consorte Zoe – è un giovane coraggioso e pieno di ideali, vuole rivoluzionare e guidare il suo popolo contro la crudeltà dei fanarioti. Quindi questo libro nasce con l’idea di un’epopea di vita ma il suo intento principale è quello ludico, che abbraccia perfettamente il tema del Salone 2019, viene evidenziato nella discussione. Per invitare il popolo romeno a ribellarsi e a riconquistare dignità e autonomia, per non continuare a essere quindi un popolo oppresso, Cărtărescu utilizza giochi ed espedienti che ingannano, stimolano e provocano ampiamente i lettori in questa protesta verso l’ottusità del sistema.
I dodici canti e i componimenti in versi della versione romena diventano prosa nella traduzione degli altri paesi. È un testo da collocare in un interesse letterario ampio e fecondo, che riesce ad apprendere materiale dal mondo antico e che esiste grazie alla capacità di innovazione che ha l’autore. Il suo segno distintivo è l’allusività, in una forma di dialogo continuo e, in un momento storico in cui le cose non potevano essere dette, riesce a riscrivere la storia della poesia citando i grandi autori romeni del ‘900: si potrebbe addirittura parlare di una rifondazione della lingua. Elementi fumettistici, liste, banchetti, rivolte e insanguinamenti di tono immaginifico, pirati sanguinari e personaggi che si rivolgono al lettore e parlano all’autore stesso: una letteratura che mescola e abbraccia tutto, con una vena romantica e malinconica, la nostalgia di qualcosa che non si raggiungerà mai e circolerà sempre, all’infinito.
Marianna Zito