IL LAVORO RENDE LIBERI: DA HOUELLEBECQ A PIEMONTESE
È il 2022 l’anno del ritratto dispotico di Houellebecq e del suo “Suomission”; ma, contrariamente al lavoro del filoso e scrittore francese, in cui troviamo una Francia governata da un Presidente musulmano e resa schiava dalla dominazione – più finanziaria che militare – dei ricchi emirati, cui Felice Piemontese in un certo senso rimanda ne “Il lavoro rende liberi” (Stampa Alternativa 2018, pp. 147, euro 14,00), quello di Piemontese potremmo quasi definirlo un instant book, perché lo scenario nel quale la trama si dipana è quanto mai concreto e attuale.
Dicevamo l’anno, chissà perché, sempre il 2022: la Francia sconvolta da eventi terroristici, attentati, rivolte nelle banlieues, la Francia dove Marin Le Pen trionfa alle elezioni facendo scivolare il paese verso una nuova forma di fascismo. Il protagonista del romanzo in cui agiscono personaggi reali e altri di fantasia, attonito e perplesso, racconta gli avvenimenti, senza particolari stati d’animo, senza – potremmo dire – alcuna emotività, da spettatore incapace di qualsiasi reazione. Ma è man mano che ci si addentra nella lettura, forse, che capiamo perché entrambi gli autori hanno preso come riferimento lo stesso anno; sicuramente Piemontese circoscrive l’azione nello stesso arco temporale di Houellebecq per rovesciarne i punti di vista e le prospettive, pur entrambi mettendo sul tappeto cose di cui non si potrebbe parlare altrimenti senza essere tacciati da non sempre piacevoli etichette. Il dissenso oramai si esprime in maniera stanca e abitudinaria e pur tuttavia gli scenari che si aprono scoperchiano un mondo complesso, dove la massiccia immigrazione e la – purtroppo – successiva ghettizzazione sviluppano reazioni di rigetto non facilmente controllabili e aprono ipotesi che potrebbero contaminare un intero continente.
Il libro di Felice Piemontese, snello e piacevole nella lettura, ci aiuta a riflettere, a cercare di capire se non altro i contorni di un eventuale perché.
Francesco De Masi