“Il gran mondo” di Lamaitre, una saga familiare nel secondo dopoguerra
Pierre Lemaitre, tra i grandi nomi della narrativa francese contemporanea, è di recente tornato nelle librerie con “Il gran mondo” (Mondadori, pp. 616, euro 23), romanzo che inaugura una trilogia dedicata agli “anni gloriosi” del secondo dopoguerra. Qui siamo nel 1948.
“Basta Beirut, basta infanzia, Hélène si era appena lanciata nel gran mondo.”
Seguiamo le vicende dei Pellettier, facoltosi proprietari francesi di un saponificio inaugurato a Beirut negli anni Venti. E così conosciamo Louis e Angèle, e i loro quattro figli, che lasciano la casa in cui sono cresciuti per lanciarsi nel gran mondo. E poco importa se per farlo avranno bisogno del sostegno continuo, economico in primis, dei due genitori da cui sembrano sempre in fuga, per noia, per frustrazione, per senso di inadeguatezza.
Jean, apparentemente buono e sottomesso dalla moglie, ma con un lato oscuro che solo il lettore ha l’onore di conoscere. François, aspirante giornalista a caccia di scoop per farsi valere. I due, fratelli maggiori, si trasferiscono a Parigi. Étienne, il terzo, si reca a Saigon, nel bel mezzo della guerra in Indocina, per far luce sulla scomparsa del suo amante Raymond, arruolatosi nella Legione straniera. Infine Hélène, la sorella minore, che raggiunge i due fratelli maggiori a Parigi per inseguire un’emancipazione che odora di disastro.
Tutto qui? Si, ma no. Assolutamente no.
A fare di un libro un gran bel libro, si sa, non è solo la trama, ma come si sviluppa.
E questo è proprio un gran bel libro, uno di quelli che ti tiene attaccato dove sei.
Lamaitre ci regala personaggi ben definiti che si muovono in una narrazione piena di ritmo. Siamo travolti da eventi inaspettati, in un misto tra storia d’amore, noir, esotismo, scandalo politico e finanziario. Un miscuglio ben calibrato, con la giusta dose di ironia e cinismo. Ci sono episodi e battute semplicemente divertenti. Ma ci sono pagine davvero commoventi che ti fanno esclamare “Nooo! Perché!”, segno di un certo attaccamento alla storia e al suo protagonista.
L’aspetto davvero interessante è che Lamaitre, come lui stesso ha più volte affermato, non inventa nulla perché tutto è già stato inventato: quello che scrive si basa su tante fonti diverse, come viene ben spiegato in fondo al libro in un paragrafo intitolato, appunto, “Debito di riconoscenza”.
Scopriamo quindi qualcosa in più del colonialismo francese e della guerra d’Indocina, di cui Lemaitre riporta minuziosamente alcune delle torture subite dai soldati francesi catturati dai Viet Minh. Lamaitre riporta all’attenzione anche un grosso scandalo economico, che investì molte personalità politiche francesi di spicco: quello delle piastre vietnamite (la moneta locale dell’epoca), una colossale truffa ai danni della Francia organizzata con il consenso delle autorità e ormai dimenticata.
“La vita non gli bastava. Probabilmente era questo il motivo per cui era così incline agli slanci, agli impeti amorosi, si diceva sua madre. A volte gli prendeva il viso tra le mani e gli chiedeva ‘Quand’è che ti accontenterai di ciò che la vita ti offre, Étienne?’. Lui rideva e rispondeva: ‘Domani, mamma, promesso!’.”
Ma cos’è allora il gran mondo? In fin dei conti una rappresentazione su scala più grande di ciò che già siamo quotidianamente. Un’insofferenza che fa da motore al tutto.
Laura Franchi