“Il figliolo della Terrora” di Silvia Cassioli
Una storia che si dipana dagli anni ’40 fino al 2008 nella campagna della provincia di Siena quella narrata da Silvia Cassioli nel suo romanzo “Il figliolo della Terrora” (Exòrma Edizioni, pp. 204, euro 15.50).
Diviso in tre sezioni, ognuna con un nome (o un soprannome) di donna, il romanzo narra della vita di Omero, figlio dell’operaia Rosina Terrosi, detta “Terrora”, nato lo stesso giorno dell’attentato a Palmiro Togliatti nel 1948. La prima parte, dedicata alla Terrora, narra le vicende operaie della vita di campagna, di lotte e di idee comuniste che poi avranno il loro apice nel ’48. Il linguaggio di questa prima parte, e ogniqualvolta l’autrice parla di quella situazione di campagna, è contaminato di forme dialettali che aiutano il lettore a immergersi nell’epoca di riferimento.
“No, dico, guardi. Io semmai gli ho fatto questo, di gesto, e gli fece il pugno. Perché quei bastardi avevano sparato a Togliatti. Togliatti, capito? quello che aveva insegnato ai contadini a ‘un levassi il cappello!”
Omero, questo figliolo, cresce in un ambiente rurale, ma la sua intelligenza, subito percepita dalla madre, lo porta altrove, non è sua la vita da mezzadro sulle orme del padre, ma quella dell’intellettuale, così, una volta cresciuto, si sposta a Firenze. Ma sarà poi a Milano che proseguono le vicende, la grande città in cui Omero ha preso casa e in cui lavora come insegnante di filosofia all’università. La seconda parte del romanzo verte sulla storia d’amore di Omero con una giovane allieva, Giglia, che prende ripetizioni per potersi diplomare. Il linguaggio non è più quello della campagna, ma un italiano standard, in cui viene delineata la personalità un po’ turbolenta di Omero e il suo amore verso Giglia, la seconda di tre sorelle, la più bella, ma anche la più scapestrata. Quest’ultima non avrà alcun problema a piantarlo in asso, ma Omero troverà inaspettata consolazione nella sorella più piccola di Giglia, Viola, con cui si sposa e forma una famiglia. Tutto il romanzo ha come sottofondo la storia d’Italia e la vena comunista sempre presente in Omero che poi viene tramandata a suo figlio. La filosofia, le opinioni, i comportamenti rispecchiano i cambiamenti che la società si trova ad affrontare, fino al 2008.
“I dibattiti producono dibattiti interni finché ognuno dibatte da solo. Ripiegamento, si chiama, che produce altro ripiegamento, eccetera.”
Un libro interessante e utile per vivere un pezzo della storia d’Italia in diversi ambienti e che cambia col passare degli anni, permeato di politica con le convinzioni di chi porta il colore rosso nel DNA. Curioso di come la storia di un uomo sia al centro di un romanzo che ha tre donne come punti di riferimento, un punto di vista voluto e volto a delineare anche l’evoluzione della figura femminile negli stessi anni del comunismo.
Roberta Usardi