Il femminile e la sua potenza di fuoco: Concita De Gregorio ed Erica Mou a Settimo Torinese
Il giorno in cui s’è sparsa la notizia dello sbarco a Roma per l’Hollywood Reporter, la direttrice designata era a Settimo Torinese per celebrare la femminilità più audace che ci sia. Un’ultima cosa, di Concita De Gregorio, è un testo teatrale che corre parallelo all’omonimo libro (ed. Feltrinelli) della giornalista toscana: palcoscenico e letteratura si completano a vicenda, ma se con la seconda ci si ferma ad una dimensione d’apprendimento privata, con lo spettacolo par proprio di incontrarle, quelle figure. Di chi parliamo? L’autrice consente ad alcune intelligenze del secolo scorso di intervenire, un’ultima volta (e da qui il titolo) per raccontarsi da sole. Sono necrologi per come potrebbero redigerli le dirette interessate. E chiaramente nessuna di loro si contiene: sono incazzate, spesso; sono fate e streghe, sono libere e intrappolate. Ecco dunque Dora Maar, Carol Rama e Amelia Rosselli. Doveva esserci anche Maria Lai ma al suo posto è apparsa Vivian Maier. Infine, Lisetta Carmi, la traccia più potente.
Sul palco c’è anche Erica Mou: giovane cantautrice di origini pugliesi, con un Premio della Critica Mia Martini ottenuto per Nella vasca da bagno del tempo, nonché autrice per Fandango. E mentre De Gregorio dispiega, narra e interpreta, Mou si occupa delle zone attigue al contenuto, rendendolo suggestivo. L’impianto e l’intento dello spettacolo non sono dissimili da quelli che Violante Placido aveva portato sempre alla Suoneria di Settimo, e tuttavia qui la situazione evolve, nel senso che se De Gregorio si sta occupando per esempio di Dora Maar, allora l’autrice diventa Dora Maar, non solo perché qui e là il monologo è costellato di frasi in spagnolo, ma perché emerge deflagrante tutto il suo dolore: Picasso era uno strumento di morte, una malattia, un giorno le disse che lei era la più utile fra le sue amanti, probabilmente perché per quanto fragile tentava di esistere per sé, rifuggendo l’ombra del maestro per il quale provava qualcosa di insondabile. La musa più emblematica, sì, ma a che prezzo? È difficile rendere per iscritto l’atmosfera nel quale anche lo spettatore viene inglobato durante quest’occasione: sembra proprio di vivere un privilegio; di incontrare qualcuno che non c’è più e che non ha potuto parlarci liberamente quand’era fra di noi. E in più, ognuna viene problematizzata ad un livello tale che l’astante si ritrova a scoprire figure nuove, illuminate di lucori diversi, senza stereotipi. Cosa le unisce? Il lavoro, la cultura, il superamento dell’Io, il rapporto col sesso. Vite diverse, visioni accomunabili.
Un’ultima cosa è andato in scena al Teatro Garybaldi il 9 marzo, ma dal 3 al 6 aprile sarà di nuovo a Torino, al Teatro Stabile.
Davide Maria Azzarello