Il digiunatore ovvero #fareameno
Enzo Fileno Carabba, autore fiorentino, ha di recente pubblicato “Il digiunatore” (Ponte alle Grazie, pp. 252, euro 16) ovvero la storia a metà tra realtà e finzione di Giovanni Succi.
“Giovanni Succi nacque a Cesenatico nel 1850, vicino al mare. Oggi, a Cesenatico Ponente, esiste via Succi, una stradina parallela al porto-canale. Giovanni era un bambino forte e crebbe in una terra di mangiatori. Nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe diventato il più grande digiunatore di tutti i tempi.”
Inizia dunque così la storia di Giovanni Succi, vera e fantastica allo stesso tempo. Quella di un bambino affascinato da saltimbanchi, circhi e freaks che per lui arrivavano direttamente dal Paradiso Terrestre. Quella di un personaggio singolare che dell’espressione “Oppa Oba” (Troppa Roba) detta da un bambino troppo rimpinzato di cibo farà uno stile di vita, ignaro di aver avuto una sorta di visione del futuro dell’umanità.
“Lui respirò. Erano mesi che non respirava così bene. E dunque nel momento di massima disperazione, quando si sentiva senza scelta, nel momento che poteva rappresentare la fine dei sogni, dell’infanzia, e già che ci siamo anche della vita, la mente geniale della nonna lo lanciò oltre il baratro. Bisogna anche ammettere che Giovanni doveva avere una eccezionale capacità di resistere e di reagire. La pioggia smise. Lui uscì di casa. Il mondo a quel tempo era inesauribile. E anche le parole. Disse la prima che gli venne in mente: “Africa”. Vide una ruota rotolare lontano e la seguì.”
Dopo la morte del padre, Giovanni inizia il suo peregrinare alla ricerca di se stesso e del proprio talento, forse di quel Paradiso Terrestre che tanto lo aveva ammaliato. Proprio in Africa incontrerà lo stregone che gli farà trovare la sua strada, quella del digiuno. E Succi, tra Italia, Egitto, Inghilterra, Francia e America riuscirà a tracciare il suo percorso di grande digiunatore, tra alti e bassi, tra fama e fame, entrando e uscendo più volte dal manicomio. Ma soprattutto facendo incontri con personaggi illustri tra cui Charcot, maestro di Freud, Emilio Salgari, Buffalo Bill, e tracciando inconsapevolmente correnti di pensiero future. Sempre in cerca di un’autodefinizione, Succi seppe muoversi tra socialismo, psicoanalisi, telepatia, cinema, giornalismo, spiritismo e positivismo. Accompagnato dalle inseparabili voci della nonna defunto e dello stregone, suo salvatore.
Carabba, che dai documenti e dai racconti su Succi è stato inseguito per un po’, prima di approdare a questo romanzo, ci racconta un essere straordinario, ottimista, o forse incosciente, per natura. Capace di vedere la speranza dove impera il dubbio, di andare contro l’istinto per trovare l’essenziale. Quella di Succi è la storia di un uomo ancora più singolare se collocata ai giorni nostri in cui inseguiamo costantemente “Oppa Oba”: troppi vestiti negli armadi, troppa tecnologia, troppe parole dette male e a sproposito, troppo cibo, troppo spreco, troppo inquinamento. Succi aveva fatto del #fareameno la sua arte e Carabba, inventando laddove i documenti non sono arrivati, ci restituisce questa figura in pieno, con un’ironia di fondo che accompagna tutto il romanzo, strappandoci più di qualche sorriso, ma anche qualche amara riflessione.
Quale succiano digiuno sapremmo affrontare per tornare all’essenziale, a noi, a un altro tipo di pienezza?
Laura Franchi