IL CONTAGIO delle anime dannate di Botrugno e Coluccini
Il Contagio – di cui Walter Siti ci parlava quasi dieci anni fa – lo ritroviamo qui, nel presente, espanso a macchia d’olio e in una Roma ormai corrotta, dipendente e contaminata in ogni sua faccia. In fin dei conti, non è altro che lo specchio di innumerevoli realtà di questa chiassosa modernità che ci siamo meritati.
Scorre così il film di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini – al loro secondo lavoro dopo Et In Terra Pax – tra la delicata poetica pasoliniana del personaggio di Vincenzo Salemme e l’essenza dannata delle anime di borgata dove troviamo le interpretazioni viscerali, “de core” di Vinicio Marchioni e Anna Foglietta – in sequenze sceniche che acquistano un senso di inquietante leggerezza anche nei momenti più rudi, segnando un netto distacco tra il mondo maschile e quello femminile che, a malapena, riescono a sfiorarsi.
È questa una caratteristica evidente in tutte le coppie che ci vengono presentata all’interno di un condominio popolare laurentino, la cui inquadratura frontale ci fa pensare a La stradina di Delft di Jan Vermeer. Ed è proprio qui che ogni finestra assume una luce e ogni attore – tra cui il nostro Michele Botrugno – è delineato nei suoi personali tratti pieni di sogni, invidie e psicosi.
Invece, percorre il film con cautela Maurizio Tesei, quasi in disparte quasi in silenzio per arrivare a un exploit finale rabbioso, coinvolgente e disperato che spacca la storia in due, concedendo all’aura malinconica iniziale un trambusto interiore tipico della frustrazione moderna e della città stessa, dove l’unica strada oramai possibile è quella dell’autodistruzione e della rassegnazione fallimentare.
Alla fine di tutto questo permane solo ciò che ci lascia l’amore: una inspiegabile bellezza senza tempo.
IL CONTAGIO di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini è dal 28 settembre al cinema.
Marianna Zito