“IL CONFINE DEL PARADISO” – LA SOLITUDINE DI ESMÈ WEIJUN WANG
“A volte pensavo che il cuore mi sarebbe saltato fuori dal petto; a volte non volevo altro che poterla guardare per sempre. Per quale altro motivo la gente si innamora?”
Sulla copertina è disegnato un uomo, sospeso su una distesa verde di foglie che lo sostengono a mezz’aria. Il disegno di Leonardo Santamaria racchiude sì un senso di solitudine, ma ci avvicina soprattutto a un’infinita sensazione di pace. Il volto girato, gli occhi probabilmente chiusi, le mani incrociate al resto del corpo in un abbraccio, un eterno riposo. Il punto nevralgico di questo libro – che incrocia più vite, più storie – è David Nowak, in quella strana giornata in cui è importante cercare un posto dove suicidarsi, che non sia casa o altro di conosciuto: un luogo senza memoria, senza ricordi. E poi, quali sono le parole giuste per una lettera di addio, l’ultimo atto dovuto prima di morire? Una nevrosi da bambino, una malattia mentale, la perdita di sé, da adulto. La paura di essere vivo. “Soffro, soffro, soffro” è il suo unico pensiero. Oltre Jia-Hui, sua moglie. Oltre William e Gillian, i suoi figli. Oltre Marianne. Cosa potrei desiderare di più? Ogni tassello è al suo posto per la costruzione di ogni felicità possibile. Manca Marianne. Anche se una parte di lei sarà sempre lì presente per David, con David.
Un romanzo a più voci, “Il confine del paradiso” (Lindau 2018, pp. 411, euro 19,50) di Esmé Weijun Wang dove ognuna è magistralmente legata all’altra, nei passaggi di corpi e di tempo, nei luoghi familiari e in quelli estranei, da Brooklyn a Taiwan, dove anche le ovvietà sono sconosciute. Conosciamo ogni personaggio, entriamo in lui, per poi lasciarlo subito e prendendone per mano un altro, senza mai un distacco definitivo ma solo con una sensazione di lontananza, perché ognuno è parte dell’altro e dell’altro ancora. Le descrizioni arrivano nei dettagli delle cose e delle immagini, percorrono ogni angolo di casa e degli oggetti che si disegnano nitidi nella nostra mente, percorrono i corpi e le essenze dei figli e della moglie di David. E di Marianne. Per conservarne la bellezza.
Marianna Zito