IL COLTELLO E LA MATITA, “ARSHILE GORKY 1904 – 1948” A CA’ PESARO
“Mano fortemente allenata, sguardo acceso, entrambi plasmati da anni di fatica, di pratica senza fine, di dura ricerca.” (1)
C’è del fuoco misterioso negli occhi dell’Autoritratto che accoglie i visitatori nella prima ampia retrospettiva in Italia dedicata a Gorky, allestita nelle sale di Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna. Un fuoco che prende respiro dai grandi maestri del passato e che danza, con fiamme di grafite e di colori a olio, sulle profonde lacerazioni del Novecento. Come afferma Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, che ha curato la mostra insieme a Edith Devaney (Royal Academy of Arts di Londra), possiamo esplorare “l’osmosi della pittura europea con quella americana, di cui Gorky fu senza dubbio uno dei più importanti innovatori”.
Di origine armena, il giovanissimo Vosdanig Adoian trovò rifugio negli Stati Uniti: alle spalle le ferite del genocidio e le cicatrici di una famiglia smembrata, davanti a sé un nuovo inizio. Scelse di cambiare il proprio nome in Arshile e, per cognome, prese in prestito lo pseudonimo di un celebre romanziere russo. Disegnò, frequentò musei, dipinse giorno e notte, insegnò alla Grand Central Art School, strinse rapporti con i più importanti artisti sulla scena newyorkese nonché, più tardi, con i Surrealisti esuli da Parigi. Alan Jones (nello stesso articolo 1 da cui è tratta la citazione in apertura) ne fornisce una immagine particolare: “Bello, grandi occhi scuri, impeccabili giacche di tweed, Gorky camminava con un coltello, che tirava fuori quando qualcuno lo aggrediva verbalmente, cominciando ad appuntare una matita con precisione maniacale.” Ebbe purtroppo una fine amara, togliendosi la vita a quarantaquattro anni, malato e senza più l’uso (in seguito a un incidente automobilistico) della mano che usava per disegnare, interrompendo così una carriera e uno sviluppo inventivo eccezionale.
Le prime due sezioni del percorso di mostra, rispettivamente Ritratti e figure e Nature morte, testimoniano una inarrestabile capacità di apprendimento: l’artista osserva lo stile di Cézanne e lo attraversa; dalle prime delicate variazioni tonali inizia a scomporre adoperando i colori; si rivolge poi a Picasso, ma la lezione che ne trae supera di gran lunga il Cubismo. Pregevole, nella seconda sala, il gruppo di disegni proveniente dalla serie “Notturno, Enigma e Nostalgia”, in cui Astrattismo e Surrealismo germogliano insieme. Come emerge anche dalla sezione successiva, intitolata Disegni, Gorky arricchì e riformulò incessantemente questo linguaggio ibrido, essendo diventato capace di scarnidare i contorni – tanto di un dipinto rinascimentale di Paolo Uccello quanto di una tela di Jean-Auguste-Dominique Ingres – spostando di volta in volta il termine del confine tra realtà e immaginazione. La quarta sezione, corredata dal film “The Eye-Spring” girato ad hoc per questa mostra dalla nipote Cosima Spender, introduce una importante svolta: negli anni ’40 Gorky iniziò a lavorare a contatto con la natura, trascorrendo lunghi periodi nelle campagne del Connecticut e della Virginia, “fino a quel momento aveva dipinto guardando i disegni, poi all’improvviso iniziò a mano libera“. Addensa e poi diluisce la frontiera che separa il pensiero dall’inconscio, cattura il mondo interiore attraverso sottili impronte metaforiche, spingendosi oltre il bordo senza mai cadere nel vortice della frenesia. Si arriva così alle Ultime opere, una sala che raccoglie capolavori quali “Il fegato è la cresta del gallo” (1944), “Tavolo-Paesaggio” (1945) e “Il limite” (1947, olio su carta montata su tela). Osservandole, torna alla mente un passo di Oscar Wilde: “L’Arte è un velo, più che uno specchio. Ha fiori che nessuna foresta conosce, uccelli che nessun bosco possiede, fa e disfa molti mondi e può gettare la luna giù dal cielo con un filo scarlatto.” (2)
Con “L’ultimo dipinto” (1948) si conclude un percorso espositivo più unico che raro, dato l’elevato numero di opere solitamente non esposte al pubblico o disseminate tra i musei di tutto il mondo. La mostra sarà visitabile, al secondi piano di Ca’ Pesaro nel sestiere di santa Croce, fino al 22 settembre 2019.
Pier Paolo Chini
(1) Alan Jones “Arshile Gorky”, Tema celeste – Rivista d’arte contemporanea n.75/1999
(2) Oscar Wilde “La decadenza della menzogna. Un’osservazione”