“IL CASTELLO DI VOGELOD” – UN VIAGGIO MUSICALE NELLA PELLICOLA DI MURNAU TRA PAROLE E IMMAGINI
“Le spore sono frammenti musicali improvvisati ed estrapolati da contesti più ampi e dilatati” – Mk
Non sapevo proprio cosa aspettarmi, immaginavo di vedere un film muto, con la colonna sonora dei Marlene Kuntz e un grande attore come Claudio Santamaria a raccontarci le scene. Non avevo letto niente di proposito, né mi ero informato, non conoscevo nemmeno la trama del romanzo “Il castello di Vogelod” di Rudolf Stratz. Ho cercato il piacere della scoperta, merce rara e preziosa oggi, dove tutti condividono tutto. Vi lascio immaginare la mia sorpresa quando sul palco mi sono trovato Cristiano Godano e Riccardo Tesio sulla sinistra, il film di Murnau al centro, Claudio Santamaria e Luca Bergia a destra, formazione da concerto, quello che poi si è rivelato essere a tratti questo spettacolo. Hanno dato vita a un clamoroso esperimento sinestetico, una contaminazione dei sensi nella percezione.
Gli occhi letteralmente sono impazziti, non sapevano nemmeno più dove guardare, persi tra la visione di questo giallo del cinema tedesco, la figura di Claudio Santamaria e le mani dei musicisti con i quali sono cresciuto, che si muovevano incantandomi e incantando prima di tutto loro stessi. Godano è apparso rapito dalle sue stesso note. Le orecchie, sicure di sé e del loro sentire, sono rimaste affascinate dalle chitarre, dai suoni, dalla batteria, dallo scalpitio dei cavalli, dai bicchieri di cristallo, dalle porte bussate, dalle chiavi, da un colpo di pistola mai così violento. Suoni e rumori che sembravano partire ora dal film, ora dai musicisti, ora dall’attore rumorista per l’occasione, tanto da non distinguerne l’origine, non riuscire a riconoscere più niente e perdersi all’unisono. Così le mani, le mie come quelle di tante persone, hanno partecipato a questo gioco messo in scena dal regista Fabrizio Arcuri portando il tempo contro i braccioli, sulle gambe, fingendo una batteria che non c’era. Seduto tra le poltrone del Teatro Nuovo di Napoli ho riscoperto il piacere dei cinque sensi, mischiandoli tra loro, confondendoli, lasciandoli da soli a cavalcare tra le note dei Marlene Kuntz, in stato di grazia. Il film sembra scritto per le loro suggestioni musicali, le scene drammatiche per le loro chitarre ruvide, a tratti malinconiche e monumentali. Qualcuno rammenta le spore? La voce di Claudio Santamaria, bravissimo, dà corpo e spessore a molti personaggi sulla scena, muovendosi sul palco quasi a interagire con loro. In splendida forma è stato abile a non raccontare una storia, ma a essere egli stesso la storia. Murnau riprende un castello perso tra alberi e montagne, alternando una natura minacciosa a scene di ambienti chiusi tra quattro mura, regalandoci atmosfere degne di un film horror.
Uno spettacolo che ha unito concerto, teatro e cinema in un solo unico momento, emozionante anche per gli effetti multimediali, un doppio schermo che porta avanti i personaggi regalandoci un effetto tridimensionale. Ci siamo bagnati con loro sotto la pioggia e abbiamo guardato timorosi una luna piena, mai così lontana dai canti d’amore dei poeti. Quando tutto è finito abbiamo sbattuto tutti le mani, applaudendo come se non ci fosse un domani, come se un’ora di spettacolo non potesse mai bastare e il desiderio di ritornare l’indomani per una nuova grandiosa replica. Il bambino curioso è stato soddisfatto. Complimenti per la festa.
Antonio Conte