“Il canto della vita” di Roberto Benelli
C’è un’età nell’essere umano che è come una terra di mezzo, è quell’età nella quale gli anni non sono troppi e nemmeno pochi, quell’età nella quale l’adolescenza diventa una nostalgia e il vivere si trasforma in un perdersi nei dolori del cuore, quell’età nella quale si ricordano gli anni ormai lontani della dolce follia delle notti di baldoria e si fruga nelle pieghe dell’anima, alla ricerca di un angolo di serenità, lontano dagli affanni che hanno segnato il cammino della vita, quando oramai si è orfani di genitori ed amici con tante, troppe croci dietro le spalle.
Roberto Benelli con il suo “Il canto della vita” (Edizioni Feeria – Comunità di san Leolino, euro 10) è in quella terra di mezzo, con la fortuna di saper trovare le strade per regalarsi la serenità e regalarci dei versi che sono parole, sono canto, sono musica. Si perché Roberto è anche un musicista, non di quelli accademici, perché non sa di pentagrammi né di chiavi di violino ma è con il cuore che fa vibrare le corde della sua chitarra verso melodie struggenti e antiche e li adorna con parole semplici e bellissime, come gerani in una finestra di aprile.
Così “Il canto della vita” ci snocciola i giorni come un rosario, giorni pieni, giorni vissuti, giorni passati, senza alcun rimpianto, anzi con l’orgoglio di averli saputi assaporare a pieno, giorni respirati con ingordigia, fatti di amicizia, di canto di grilli, di parole, di passione e d’amore. Ed è proprio sull’amore che Roberto ci incanta, quando con pochi versi, scarni, puliti e meravigliosi, cristallizza un sentimento in un “sempre e per sempre”, rendendo eterna, immutabile quella giovinezza ormai lontana ma che pur tuttavia rimane splendida e intatta ai suoi occhi incantati di perenne fanciullo “…trentotto potrebbe essere il numero civico/ della mia vecchia casa/ oppure il numero dei tuoi anni/ anche se ne hai venti di più”.
Francesco De Masi