Il cantautore Demetrica pubblica l’album d’esordio omonimo – La recensione
Demetrica, nome d’arte di Enrico De Michele, ha pubblicato il suo album d’esordio, omonimo, lo scorso 30 ottobre. Si tratta di tredici brani inediti, scritti vent’anni fa e che solo ora vengono pubblicati. Si tratta di un viaggio musicale omogeneo, con testi semplici e diretti, che si concentrano su parole chiave che riescono ad arrivare nel profondo. Un album che merita più ascolti per entrare nel vortice dei suoni e delle atmosfere, con le chitarre elettriche sempre presenti e che in alcuni casi ruggiscono.
Andiamo brano per brano.
“Cometa” è una partenza appassionata fin dalle prime note con una melodia incentrata sui medio alti, che si ripete più volte e che si fa portavoce di un desiderio da far sentire per bene: “adesso il giorno non sarà che un ricordo di una cometa che, che cade, continuando a splendere”.
“Tu chi sei” si snoda in una percorso sonoro fluido e incessante, così come un testo che scorre come un flusso di coscienza: “ciò che resta sono i gesti, sono i segni sulla pelle”.
“Volerei” è un brano turbolento, che porta nel testo le immagini per poter ricominciare e volare, in compagnia, verso una serenità che ora non c’è ancora, lasciandosi alle spalle il passato: “vorrei essere il tempo per dimenticare”.
“Sognare” continua il percorso di ascolto in un’atmosfera malinconica in cui si ripete più volte il concetto di cosa sia sognare, per non smettere mai: “perché sognare è potersi liberare, perché sognare è poter sì sperare”, che è anche un rifugio dalla realtà.
“Brividi” dà un taglio all’atmosfera dei precedenti brani virando verso un po’ più di luce ed esplorando un altro tipo di vocalità, anche se il testo raccoglie sensazioni interiori delicate, come sentirsi inutili: “vorrei assorbire calore ed affrontare la realtà ma come riuscirci se tutto è gelido, allora è meglio fuggire che continuare a soffrire”.
“Senza te” introduce subito in un mood cupo e profondo, a tema col titolo e il testo, disperato, con la voce che osa un po’ di più: “senza te tutto è niente, tutto cade, tutto perde colore e io muoio” senza trovare una via alternativa.
“Aria” inizia con un giro e un ritmo rock che nel ritornello porta la melodia in un vortice, che rende bene l’esigenza di aria, di cui il testo lamenta la mancanza: “mi giro intorno guardando tutto il mondo, dovrebbe essere la perfezione essere la direzione come dovrebbe esserlo se un Dio non c’è”.
“Cogito” è un brano vocalmente più tenuto e sperimentale in un arrangiamento rock in contrasto con la melodia placida: “e resto qua il senso è in te, non riesco a esprimermi vorrei essere l’eco nei tuoi pensieri”.
“Confusione” ha un riff di chitarra graffiante e un ritmo rock con una linea melodica dinamica e ipnotica: “immagino di essere fra le tue mani immagino di infrangere le tue convinzioni, riuscire a distruggere le tue ossessioni, tu mi confondi le idee”.
“Stella” è un altro brano veloce che vira verso l’hard rock, trascinante: “resterò immobile, resterò incolume, e vedo la stella che inseguirò”.
“Libero” è un lento malinconico, la melodia come una nenia, che si ripete più volte: “brillerò come le stelle lasciate cadere nel buio immenso e sarò libero da ogni catena”.
“Vorrei” è un brano intenso e struggente, con versi che acquisiscono potenza con le note: “continuare a nascondere un dolore atroce, riuscire a comprimere il mio nervosismo vorrei sparire vorrei fuggire”.
“Melodia muta” conclude il disco in un flusso emotivo continuo nei versi delle strofe “non c’è paura che si cura da sé ma è la cura che si nutre di me, sono i pensieri che sono scuri, che sono vivi e indistinguibili”.
Nel complesso un bell’esordio, piacevole e interessante. Dato che questi brani sono nati vent’anni fa, si accende la curiosità di ascoltare presto il Demetrica con le canzoni di oggi.
Roberta Usardi
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