Il brillante “mal de vivre” degli alieni di Silvio Peroni
Sul palcoscenico del Brancaccino – in questi giorni – prende vita, ogni sera, una poesia. La vediamo sotto varie forme. In parole scritte e in parole dette, in musica – nei testi originali di Michael Chernus, Patch Darragh e Eric Gann – e, soprattutto, nelle lunghe pause di quel silenzio che, tante volte, si mostra più necessario di ogni parola.
THE ALIENS di Annie Baker e con la regia di Silvio Peroni è – oltre al nome della loro band – un pezzo di vita di tre amici trentenni o quasi – KJ, Evan e Jasper – che si sono un po’ persi in una dimensione eterea bukowskiana – tra alcool, donne e funghetti – nell’attraversare il percorso comune della vita, alienati in una quotidianità che scorre lenta, senza particolari sforzi o decisioni, senza attuare quella concretezza che potrebbe permettere loro di realizzare i propri sogni.
Ma loro, tutto sommato, vogliono davvero realizzarli questi sogni?
Silvio Peroni, ancora una volta, ci mostra la sua abilità con l’allestimento di un testo proveniente da un contesto culturale differente dal nostro, con la traduzione a pennello di Monica Capuani e la strabiliante interpretazione dei tre attori – Giovanni Arezzo, Francesco Russo e Jacopo Venturiero – che, in quasi due ore di piacevole spettacolo – ci portano nei loro trip di filosofia, amore e morte stando semplicemente seduti – tra mattoni grigi, casse e immondizia – ai tavolini sul retro del bar di una piccola città.
Una produzione Khora Teatro al Brancaccino di Roma – nella rassegna di drammaturgia contemporanea Spazio del Racconto – fino a domenica 12 novembre.
Marianna Zito