Idomeneo, Mozart e il viaggio dei migranti al Teatro dell’Opera di Roma
Dopo l’anteprima dedicata ai giovani del 6 novembre, dall’8 novembre la prima ufficiale di “Idomeneo, re di Creta” – opera seria in tre atti, libretto dell’abate Giambattista Varesco, con sovratitoli in inglese e in italiano – al Teatro dell’Opera di Roma, dove sarà ancora in scena il 10, 12, 14 e 16 novembre.
Ruolo importante e necessario in questo spettacolo è quello dei rifugiati e i migranti della Comunità di Sant’Egidio, trentuno tra giovani e adulti che – guidati dalla regia di Robert Carson – decidono di portate sulla scena una parte di sé, del proprio dramma e dalla propria salvezza. Ad accompagnarli troviamo l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretti rispettivamente da Michele Mariotti e dal Maestro del Coro Roberto Gabbiani, mentre lo sfondo si riempie dei contrasti cromatici delle suggestive scene dello stesso Carsen e di Luis Carvalho e delle meravigliose immagini video di Will Duke: la devastazione delle guerre, le recinzioni a dividere vite e il mare. Sono lì, come folla impaurita, allo stesso modo dei prigionieri troiani catturati da Idomeneo (Charles Workman) e dai suoi soldati. Sono lì, vestiti (grazie ai costumi di Luis Carvkho) come profughi del nostro tempo. E tra loro Ilia (Rosa Feola, mentre il 14 novembre sarà interpretata da Adriana Ferfecka), figlia dell’oramai defunto Priamo e segretamente innamorata di Idamante (Joel Prieto), il cui unico intento è portare la pace tra vincitori e vinti, che è amato, a sua volta, da Elettra (Miah Persson).
L’Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, dopo la sua prima rappresentazione a Monaco di Baviera nel 1781 e dopo essere stato ovunque nel mondo, finalmente dopo 40 anni ritorna a Roma, con un cast d’eccezione a raccontare una storia che unisce passato e presente, in cui il vero protagonista è il mare che ora divide ora accoglie: i migranti presenti sulla scena diventano sin da subito il simbolo vivente di una tragedia nei nostri giorni, accostata al classico, e tutto riesce perfettamente, nella elegante e piacevole coordinazione dei movimenti di Marco Berriel: una folla di migranti e una folla di militari si dividono la scena per trasmettere un unico messaggio di pace.
Marianna Zito
ph. Yasuko Kageyama / TOR