Ida Bassignano con “L’utopia di Luca Ronconi” apre gli occhi ai dormienti
In cammino, uno spettacolo in cammino sin da quando una prima intuizione folgorò Luca Ronconi, una marcia implacabile che, ahimè, non toccherà mai la meta e proprio in questo non raggiungere, è la sua complicata, immortale, verità di bellezza.
Ida Bassignano nel suo “L’utopia di Luca Ronconi” (Ianieri Edizioni, pp. 152, euro 15) rivive un fatto che ha segnato il panorama del teatro italiano. Era lì Ida quando Ugo Tessitore, l’assistente storico di Ronconi, non accettò l’azzardata impresa di Utopia. Lei, invece, sì. Sposò quel progetto e nello stesso s’immerse, e lo fa ancora oggi, pur avendoci lasciati il 20 dicembre scorso. Ben cinque testi di Aristofane (Cavalieri, Donne al Parlamento, Pluto, Uccelli, Lisistrata) per montare questa commedia ronconiana, e intanto l’illusorio progressivo segna, passo dopo passo, questa marcia di scontente presenze. Non c’è spazio nelle opere di Ronconi per la sintesi, occorre, piuttosto, un tam tam che alzi la polvere su cui disegnare punti interrogativi che altrimenti resterebbero invisibili. Ecco, la Bassignano sulle orme di un’esperienza importante fa la scelta, giusta, di fermare sulla carta idee e ideali che non devono non essere letti.
“…un percorso a volte quasi inafferrabile» furono i passi critici di Garboli rispetto a questa Utopia incompresa, interrotta; ma d’altronde, per lo stesso, «…anche il teatro, con Utopia, è stato capace nello stesso tempo di esaltare e rinnegare se stesso”.
Tra sipari, cavalle alte otto metri, due assemblee, letti, radio, televisori, un aereo, c’era in scena una summa di varie epoche “…ma le più presenti erano gli anni Cinquanta (una popolazione uscita dalla guerra) e gli anni Sessanta del boom economico”; l’illuminazione era affidata a grandi fari. Trentatré attori, alcuni alle prime armi, come Mauro Avogadro che poi diventerà collaboratore di Ronconi allo Stabile di Torino. E ancora, Giancarlo Prati, Luca Coppola, Antonella Fassari, Marilù Prati Glejeses, Renato Nicolini, Carlo Monni, questi e molti altri pronti, senza capire quale fosse l’avvertimento che stava consegnando quello spettacolo, a dare vita alle individualità che Ronconi aveva visto in ciascuno di loro. Nelle inquietudini provocate da Utopia, tutte le profonde riflessioni. D’altronde, la tragedia giunge con l’atto della conoscenza e Ronconi, col suo visionario linguaggio, aveva trovato il modo di fare aprire gli occhi, anche quelli più pigri e stizziti.
La Bassignano nel suo libro include la scaletta di Utopia, alcune foto di scena e di bozzetti, tutto, un fiume di parole che rispettano il senso del ritmo, e per il lettore la promessa velata è il risveglio da una situazione di addormentamento letale.
Veronica Meddi