I “Tradimenti” di Harold Pinter secondo Michele Sinisi al Teatro Fontana
In scena dal 13 al 24 novembre al Teatro Fontana di Milano arriva “Tradimenti” di Harold Pinter con la traduzione di Alessandra Serra e la regia di Michele Sinisi.
Focus sulla parola in una vicenda che non ha in sé alcun mistero, dato che parte dalla fine, quando due ex-amanti adulteri, Emma e Jerry, si ritrovano due anni dopo la fine della loro relazione in un pub nel 1977. La storia poi procede a ritroso fino al 1968, nel momento in cui i due si sono incontrati per la prima volta. Niente sorprese come fatti, ma tante per quanto riguarda quello che si cela dietro ai personaggi coinvolti, quello che provano, quello che stanno cercando, che va ben al di là del fatto di tradire. Ognuno di loro cerca qualcosa che non trova.
In scena tre personaggi: Emma (Stefania Medri), Robert (Michele Sinisi) e Jerry (Stefano Braschi). Emma è sposata con Robert, Jerry è sposato con Judith, entrambi hanno una famiglia apparentemente felice. Emma e Jerry iniziano una relazione che durerà sette anni, di nascosto dai loro rispettivi coniugi, ma Robert tradisce Emma a sua insaputa e non batte ciglio quando lei gli confessa di avere una relazione con Jerry. Robert e Jerry sono migliori amici e continuano ad esserlo anche dopo che le carte in tavola vengono scoperte e Robert apprende della relazione della moglie con Jerry, non c’è nessuna conseguenza se non quella che porta Jerry a non giocare più a squash con Robert.
Quello che colpisce nello spettacolo è ciò che esula dalle parole o forse ciò che le parole fanno emergere dal corpo dei personaggi, che si parlano o stando troppo lontani o troppo vicini, e con l’impressione che nascondano sempre qualcosa. I sentimenti sono da qualche parte, ma in scena vediamo il mistero che li avvolge, la loro ricerca personale della felicità, che permette loro di vedere il tradimento forse come un tentativo di trovarla, senza riuscirci.
Interessante la scena di Federico Biancalani, che vede un pannello verticale sul quale si illuminano le parole delle discalie di ogni scena. Dopo la prima scena, quella che racconta il presente, il pannello cade e inizia il flashback, che lascia dietro agli attori pur sempre le scritte che si illuminano, ma senza più protezione. Non ci sono mobili, il succo dell’opera sta nelle parole e altro non serve, nè se ne sente la mancanza.
Novanta minuti in cui non mancano ironia. situazioni tragicomiche, in cui si intravede, a volte, ciò che sta dietro l’apparenza; nella parte finale la musica ha un momento importante e serve a ripristinare tutto ciò che prima è stato smantellato, serve a mettere in moto il meccanismo di sguardi e seduzione che ha avvicinato Jerry a Emma e ha permesso l’esistenza di tutta la storia. I tre attori hanno un loro spazio sacro, coronato da parole, che vanno a ripresentarsi ripetutamente e da ricordi che cambiano e si modificano col passare del tempo. Il tradimento continua nelle aspettative, che vengono puntualmente disattese.
“Sai cos’è la catatonia? Il regno del principe del nulla, del principe della desolazione.”
Bravi gli attori e interessante la regia di Sinisi, che punta sul “gioco della realtà” con parole processate al momento, che si incontrano e scontrano con i personaggi e le parole che portano alla bocca.
In scena al Teatro Fontana fino al 24 novembre.
Roberta Usardi