“I parenti terribili”: il carrozzone di Cocteau ha infervorato il Teatro Elfo Puccini di Milano
Il sipario di apre su una camera da letto disordinata, una donna in vestaglia, piuttosto trasandata, sembra in trance, o forse sta sognando? Certo è che non si tratta di un bel sogno, e se si considera il mondo onirico come riflesso di se stessi… non è proprio un bel vedere.
Ma poco importa a Sophie, ormai cronicamente depressa. La sorella Leonie le fornisce un supporto fondamentale, ma non sufficiente a strapparla via dai deliri e dalle ossessioni, e una tra tutte emerge: quella per il figlio Michel, che egoisticamente vorrebbe tutto per sé, sempre, a scapito del marito George, che non ha molta rilevanza. Tuttavia, Sophie viene “svegliata” per così dire, dal suo stato passivo dalla peggiore notizia possibile per lei: l’amato figlio Michel si è innamorato. Ma perché mai è successo? Il suo amore di madre non è sufficiente? E Michel, che la adora, e che la chiama quasi sempre per nome e non “mamma”, non capisce la gelosia della progenitrice. Né tantomeno la capiscono gli altri, che tentano in ogni modo di portare lucidità nel delirio di Sophie, riuscendoci solo a tratti. Tutti i rapporti familiari sono complessi, difficili, spesso irosi; due elementi, poi, regnano incontrastati: il disordine, come segno caratteristico e immancabile di Sophie e del suo modo di vivere, in contrasto con il rigore e l’ordine della sorella, e poi l’idea della famiglia – condivisa da tutti, con consapevolezza – come un “carrozzone”, un circo, una roulotte, che rinchiude tutti, come in una prigione parentale, che sembra voler rifiutare il mondo esterno. E guai a volerne uscire!
“I parenti terribili” di Jean Cocteau, nella traduzione di Monica Capuani, ha infervorato la sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano dal 7 al 12 gennaio, con tantissimi applausi e ovazioni, meritatissime. Cocteau pubblicò quest’opera nel lontano 1938 e vederla in scena ora, ambientata ai giorni nostri, fa venire i brividi. Perché le tematiche presenti, oltre a essere scomode, hanno un’energia strabordante e assoluta, che esce come lava da un vulcano in eruzione: la rabbia, la frustrazione, le lacrime sono inarrestabili, se non per pochi istanti, per riprendere fiato. Alla regia di Filippo Dini non manca nulla, anzi, le interazioni sono molto intense, i personaggi risplendono nella loro problematicità, e ciò permette all’ironia di emergere spontanea e suscitare diverse risate. Dalla tragicità alla comicità grottesca, perché quando si oltrepassano i limiti, non si può far altro che riderci sopra, o se non altro, almeno sdrammatizzare.
Filippo Dini non delude mai e porta con sé sul palco un cast d’eccezione: strabilianti le performance di Mariangela Granelli e Milvia Marigliano, rispettivamente Sophie e Leonie, e nulla da dire su Dini anche come attore, magnifico. Degne di nota anche le interpretazioni di Cosimo Grilli (Michel) e Giulia Briata (Madeleine). Lodi ai bellissimi costumi di Katarina Vukcevic, alle luci di Pasquale Mari e alle scenografie di Maria Spazzi, di grande effetto.
Che dire, se non di non perdervi questo spettacolo? Il teatro ha la capacità di fare da promemoria, a chi lo fa e a chi lo vede, di come l’uomo, anche dopo tantissimi anni, rimane fedele a se stesso, nella sua imperfezione e fragilità, a renderlo a volte tenero e a volte crudele.
Prossime date:
Dal 25 gennaio al 2 febbraio al Teatro Bellini di Napoli
Dal 7 al 9 febbraio al Teatro Goldoni di Venezia
Roberta Usardi
Fotografia di Serena Pea