I giorni maledetti della Russia
“Giorni maledetti” (Voland, 2021, pp.216, euro 18) è la dura testimonianza della guerra civile russa, scritta da Bunin, inizialmente pubblicata su un periodico parigino e, arrivata a essere pubblicata solo dopo la fine della censura, anche in Russia. In Italia, il libro, viene tradotto e curato per Voland solo ora da Marta Zucchelli.
Ivan Bunin e la guerra civile
Si tratta di un diario intimo e atroce della lotta tra i rossi e rivoluzionari bolscevichi e i controrivoluzionari bianchi; una lettura impegnativa, che forse necessita, per potersi immergere completamente, di una conoscenza, seppur sommaria, dei fatti storici che segnarono la Russia della guerra civile. Ivan Bunin, poeta e narratore, “bianco” e anticomunista, fu il primo russo a vincere, nel 1933, il Premio Nobel per la letteratura. Egli visse l’orrore di quei giorni maledetti che segnarono la storia della sua amata e rimpianta Russia e li rende, con estrema crudezza, attraverso scene spietate , dialoghi, articoli di giornale e considerazioni che lasciano poco o nulla spazio all’immaginazione.
Tra Mosca e Odessa
Ambientato tra Mosca e Odessa, entrambe barbaramente stravolte dagli accadimenti di cui sopra, “Giorni maledetti” diventa un’occasione per riflettere anche sulla doppia natura del popolo russo – a metà tra quella europea e asiatica – e sull’odio che nutre nei confronti della cosiddetta élite, di cui faceva parte anche la famiglia di Bunin. La posizione del popolo russo verrà duramente criticata dall’autore che, in alcuni tratti, non manca di usare termini forti per descriverne la posizione, rispetto a quanto stava accadendo, tanto da accostarli più ad artefici della loro stessa distruzione, piuttosto che a delle vittime. La disapprovazione di Bunin si fa ancor più prepotente quando si tratta di tracciare la condotta del popolo nei confronti dei “bianchi”:
“Non è permesso calunniare indiscriminatamente il popolo!”. Ma dei “bianchi”, come è ovvio, si può dire pesta e corna. Al popolo, alla rivoluzione si perdona ogni cosa – “sono solo eccessi”. Ma da parte dei bianchi- cui è stato tolto tutto, che hanno visto profanare, violentare e uccidere la patria, le culle e le tombe natie, le madri, i padri e le sorelle – non è ovviamente ammesso alcun “eccesso”.
L’idea di Bunin
Un popolo quello russo, ignorante secondo Bunin, che scelse di liberare i criminali dalle prigioni per metterli al governo. Gli stessi criminali che determinarono la fine dello zar e che, mossi da sentimenti rivoluzionari, avevano reso il popolo ancora più debole. Una rivoluzione che secondo l’autore è maledetta fin dall’inizio, da cui prende le distanze tanto che deciderà di lasciare la Russia, quel Paese tanto amato, in cui deciderà di non tornare più. Una lettura consigliata a quanti vogliono ascoltare una voce diversa sui fatti accaduti in Russia, una voce che forse non tutti sono pronti ad ascoltare e che ora Voland ci regala in questo pregevole volume.
Sara Pizzale