I frammenti di vite del “Challenger”
La nota dell’autore ci avvisa sin dall’inizio: le storie dei personaggi che verranno raccontate in Challenger, primo romanzo dello spagnolo Guillem Lòpez, pubblicato nel 2017 da Eris Edizioni, sono vere.
O forse no.
Il romanzo prende spunto dal tragico evento dello Space Shuttle Challenger, il 28 gennaio del 1986, che avrebbe dovuto portare nello spazio sette astronauti, tra cui la giovane Christa McAuliffe, prima insegnante a restare in orbita per una lezione di scienze “dal vivo”, nell’ambito del progetto Teacher in Space. A causa di un guasto a una guarnizione, la navetta, decollata dalla base di Cape Canaveral in Florida, si disintegrò in volo dopo soli settantatré secondi (non “esplose”, come riportato diversamente anche nello stesso romanzo di Lòpez). A seguire in diretta il lancio, le molte persone riunite a Cape Canaveral, tra cui i familiari degli astronauti, e decine di studenti delle scuole americane sintonizzati sulla CNN.
Il romanzo di Lòpez, illustrato con la tecnica dello scratchboard da Sonny Partipilo, ci racconta settantatré vite della Miami di quella mattina di gennaio. Settantatré vite che interconnesse tra loro, una vita per ogni secondo di volo dello Shuttle. Lopez ci conduce attraverso questi frammenti intessendo una rete di storie intrecciate tra loro. L’impresa non è nuova, ma nuova è la modalità, la narrazione, l’uso dei generi. Realismo, orrore, weird: un “romanzo mosaico” lo ha definito Vanni Santoni, che funziona per la sua freschezza, ispirazione e profondità. Ecco allora che la storia di stampo realista che apre il romanzo, quella di Robert e della sua famiglia separata, si lega alla perfezione a quella di Claudio, il giovane obeso e amante dei supereroi, proprietario dell’edificio in cui abita, che durante le pulizie di casa trova uno strano animale, forse di un altro mondo; o ancora, la storia dei coniugi Ted e Meg, tra incomprensioni e ossessioni che sfociano nella visone terrorizzante di un essere che compare per pochi secondi sullo schermo del televisore perennemente acceso.
“I bambini non dovrebbero conoscere la morte. Anche se lontana, come un orizzonte nebbioso, la morte è incomprensibile per un bambino. Per un adulto, invece, è più semplice perché per lui il mondo è rigido, fatto di cemento e acciaio, di passato, presente e futuro.”
Questo l’incipit che delinea non solo la già citata storia di Robert e del suo coinvolgimento negli affari degli “adulti” che non gli competono proprio per il suo ruolo di figlio, ma riguarda anche la macro-storia di un intero Paese che, coinvolto nella retorica del reaganiano American dream, vede letteralmente fare a pezzi una conquista tanto americana quale la corsa allo spazio. “Challenger” (Eris Edizioni, pp. 416 , euro 20, illustrazioni Sonny Partipilo, traduzione di Francesca Bianchi) è quindi metafora di un Paese che crede nella propria potenza ma crolla miseramente, in frammenti e fumo.
Guillem Lòpez è un narratore intelligente. Come se fosse un Dio, guarda i suoi personaggi dall’alto, ne osserva i frammenti di vita, apre spiragli verso mondi irreali, ma non opera mai direttamente su di essi. Lascia che le sue creature reagiscano agli eventi. La similitudine col Dio la elaboriamo anche pensando alla trovata di inserire, all’interno del volume, una cartina geografica dell’area di Miami, al cui interno si muovono i personaggi di Challenger; in questo modo, lo stesso lettore, novella divinità, può seguire il percorso di queste settantatré storie slegate tra di loro, ma costretti in una rete invisibile e sospesa nel Tempo.
Giovanni Canadè