“I film sui samurai” è il nuovo singolo della band torinese Est-Egò – L’intervista
Dal 2 ottobre è disponibile “I film sui samurai”, il nuovo singolo degli Est-Egò, band alternative/psichedelica torinese, che negli ultimi anni ha cercato di trovare una nuova forma testuale e sonora. Il video clip di questo nuovo brano è stato realizzato da Davide Bart Salvemini. Gli Est-Egò sono: Davide Mitrione (chitarra e voce), Nicolò Capece (basso e voce), Fabrizio Dell’Aiera (chitarra), Luca De Maria (tastiere), Alessio Sanfilippo (batteria).
“I film sui samurai” è una storia fatta di visioni opposte tra due persone con intorno creature fantastiche come zanzare giganti e stereosauri, quando avete composto questo brano e a che tipo di creature, nel mondo fantastico, vi associereste?
A delle placide vacche sacre, passive osservatrici del tutto e mute croniste in mezzo al caos. In qualche modo tutto il fragore del mondo ci scivola addosso come se fossimo invisibili e senza spigoli. In questa vita non finiremo nella pancia di nessuno, perché siamo fortunati.
Il brano termina con i versi “e nella notte sussurrerai lo srtano sogno in cui tu mi abbracci con una maschera antigas”, è stata una casualità il riferimento alla maschera antigas? E anche il verso “la caccia alle streghe ci stupirà ancora, ma la peste comunque non scomparirà”…
Sì, è un caso. Il brano è stato scritto un paio di anni fa. La ragazza nel dormiveglia racconta il sogno appena fatto. Abbraccia il ragazzo con una maschera antigas. Non lo sopporta più, è tossico per lei. Spesso le coppie sono assuefatte al loro malessere e si rovinano gradualmente. Si sta assieme per inerzia e a volte l’inconscio manda segnali attraverso i sogni. Nella versione 2020 invece il sogno potrebbe essere la premonizione di un’infezione virale. La caccia alle streghe fa riferimento alla ricerca di capri espiatori tipico di una certa propaganda politica. Lo abbiamo visto di recente. Nonostante bruciassero le streghe ritenute responsabili delle epidemie, queste ultime imperversavano lo stesso in tutta l’Europa. Casualmente si parla di nuovo di malattie. Ci siamo accorti realmente di come si tenda a cercare sempre un colpevole invece di guardare alle vere motivazioni senza essere così antropocentrici. Non siamo affatto importanti per questo pianeta.
“I film sui samurai” avrebbe dovuto avere un videoclip diverso, ma poi è scattato il lockdown. Cosa avevate in mente prima di incontrare Davide Bart Salvenìmini che ha creato il videoclip ufficiale?
La scorsa primavera ci sarebbe piaciuto realizzare un videoclip di un altro brano. Prevedeva l’utilizzo di attori e di una troupe. Per questo motivo con la quarantena ovviamente non è stato possibile proseguire col progetto e abbiamo scelto di lavorare con un animatore. Potevamo interagire a distanza e IFSS ci sembrava il brano perfetto da mettere in mano a un talento dal gusto immaginifico come quello di Davide.
Dal vostro EP, il concept album del 2016, il vostro sound si è evoluto molto con questo nuovo brano, come siete cambiati voi come band?
Negli anni che precedono l’uscita di IFSS abbiamo lavorato col nostro batterista storico, Marco Taverniti. È lui che l’ha registrata con noi, assieme agli altri lavori che faremo uscire prossimamente. I nostri percorsi poi si sono divisi per motivazioni di carattere attitudinale e per la diversità di intenti. Nulla che abbia intaccato il rapporto di amicizia sereno che tutt’ora permane. Al posto suo è subentrato Alessio Sanfilippo. Ci piaceva l’idea di allargare il gruppo a cinque e avere un jolly che suonasse tastiere, pad, acustica e sonagli, quindi abbiamo proposto a Luca De Maria di entrare nel progetto. Lo conoscevamo da anni come chitarrista. Si è reinventato in un ruolo del tutto nuovo per lui e gliene siamo grati. Tutto questo per dire che con le persone cambiano anche gli equilibri all’interno di una band. L’approccio alla scrittura è differente. Differente è il gusto nel suonare assieme. È una ricetta diversa.
Con chi vi piacerebbe condividere il palco in un prossimo concerto?
La band italiana che sentiamo più vicina sono i Verdena. Musicalmente sono molto diversi da noi ma negli anni ci hanno condizionato e ispirato. Un gruppo poliedrico con riff memorabili e suoni curatissimi. È la categoria in cui vorremmo rientrare.
Da dove viene il nome Est-Egò?
Abbiamo cercato un nome che suonasse bene pur non volendo dire niente. Qualsiasi nome in italiano ci sembrava stupido o già sentito. Il rischio è sempre quello che passi di moda. Est-Egò ci sembrava privo di qualsiasi connotazione temporale o simbolica. Pronunciarlo ci infondeva una certa calma. Ci ha convinto subito.
Quali sono i vostri prossimi progetti in studio e dal vivo?
Non è semplice fare pronostici in questo periodo. Faremo uscire altri brani che abbiamo nel cilindro mentre continuiamo a scriverne di nuovi. Non sappiamo ancora quando e in che modalità, ma è tutto pronto. Per quanto riguarda i live la questione è molto più spinosa, vista la recente afflizione del settore. Speriamo in una rapida ripresa in questo senso, anche perché ai concerti ci manca soprattutto andarci.
Roberta Usardi
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