Ho il cuore VERDENApoli
La settimana rockettara napoletana non poteva iniziare in un modo migliore. È solo lunedì e i Verdena al Teatro Tenda Palapartenope hanno ricordato a tutti perché sono una delle poche vere rock band italiane. Irradiano, questa è la parola che da qualche giorno mi frulla nella testa e unisci tutti i puntini, quelli che vanno a formare la parola sette, come il numero di dischi che li hanno portati a fare un tour da sold out dopo tanto tempo, sette come il numeri di alberi che Alberto Ferrari canta in “Canos”, brano che hanno scelto di avere in scaletta. Sette come le lettere che vanno a formare la parola Verdena, il gruppo rock italiano più atteso, che dopo sette anni portano in giro il disco “Volevo Magia” . Irradiano, irradiami, questa è la parola che ogni sette secondi, fa capolinea nella testa. Ho una fissa.
Al Teatro Palapartenope davanti a un pubblico incredibile, che unisce più generazioni e che ha solo voglia di saltare e sorridere e cantare, il gruppo troneggia perché i Verdena sono una signora band, se qualcuno in questi lunghi sette anni lo avesse dimenticato, che cresce di disco in disco in sicurezza e leggerezza. Abbiamo sentito tanti e diversi pareri sul nuovo lavoro, abbiamo letto che rappresenterebbe da qualche parte e da un punto di vista piuttosto singolare e bizzarro la fine dei Verdena, noi lo abbiamo ascoltato così tanto da rovinare il cd, siamo vecchia scuola, e volevamo aspettare il concerto prima di dirvi, contando fino a sette, che sono Magia i due fratelli Ferrari e Roberta Sammarelli. “Ho un sogno e sì, dovrei.” Su un palco spoglio, con solo un impianto luci a fargli da spalla, non hanno bisogno di fronzoli e palloncini vari, i Verdena bastano a loro. Il trio accompagnato da Carlo Maria Toller inizia il concerto con uno dei brani più duri di tutto l’album, “Pascolare”, e noi, diventiamo gregge, siamo gregge, pronti a farci trascinare dal basso di Roberta, dalla batteria famelica di Luca e dalla chitarra di Alberto un mondo che tu non vuoi fatto di neri e blu, di io e te dove però mi deflagrerei per te in me. Ci ricordano subito il loro territorio di appartenenza, quello spazio fisico cannibale tra corpi che non c’è, perché il pubblico diventa un tutt’uno pronto a lasciarsi andare al ritmo ossessivo di alcuni brani come “Starless”, a spingere, a sudarsi addosso , a coprirsi e sbattersi, l’uno sull’altro, l’uno contro l’altro, come animali famelici, che dopo sette anni hanno finalmente la loro ricompensa, il loro trofeo, una buona risposta. La famiglia del gruppo, complice lo zampino dell’elefante blu dei Verdena si è allargata, è cresciuto non solo per gli anni che hanno i loro accoliti della prima ora ma anche per il numero dei presenti ai concerti.
Si aprono le danze con una prima parte tutta dedicata al nuovo disco: “Pascolare”, “Crystal Ball”, “Dialobik” con un inizio disarmante, spiazzante, “Chaise Longue” diventata a furor di popolo inno del perdersi e ballata da cantare insieme sotto al palco, “Cielo Super Acceso”, incalzante come pochi pezzi, un ritmo che trascina il pubblico diventato nel frattempo onda unica e continua che si muove occupando lo spazio disponibile. Con “Paul e Linda” Alberto gioca e si diverte con la voce, sembra ingoiare il microfono. Dopo questo primo blocco magico i Verdena tornano al loro passato, spiazzando e saltando tra grandi sassi e piccoli suicidi a cui dedicare un Requiem. Partono allo specchio, guardando ai Verdena della prima ora, agli infiniti passaggi di MTV, Il pubblico lo sa e inizia a saltare, così vicino a me e cosi fuori da me, VIBA e i piedi lontani da terra volano fragili in scarpe volanti senza sbagliare mai per poi tornare a vagare come mossi e smossi da un vortice blu, al buio senza stelle, STARLESS, ma con una LUNA grande come un disco intero, come un angelo anomale caduto male, per fortuna c’è DON CALISTO che in requiem doma il mostro che ormai è come un fiume. Possiamo tirare un sospiro di sollievo e sfogliare CERTI MAGAZINE dove Roberta, splendida come sempre, vera bambina in nero e anima loquace del gruppo che dispensa sorrisi e ringraziamenti, con il suo basso la fa da padrona. Troneggia, ancora una volta e vibra, oscilla, danza e ci porta con lei ovunque dove ANGIE, ballad struggente e commovente, prima o poi ci sparerà alle spalle e senza lacrime ci addormenteremo. Sogneremo i campi, un nevischio, e proveremo a farlo nostro, con le mani e senza riuscirsi, non potremo averlo. Mossi dal vento, non cambieremo mai di stile e forse, accompagnati dai nostri PALADINI avremo luce. “Vuoi gioire con noi?”.
Lasciate da parte, o voi che entrate dopo così tanto tempo, che non importa, non torneremo più i Verdena che avete conosciuto. Il trio bergamasco interagisce con il pubblico, ridono e scherzano tra di loro e con le persone. Chiedono aiuto, consigli per sbaglio e un pizzico di collaborazione. Non c’è tensione, niente castelli per aria, niente conflitti né paure, nessuna ansia da prestazione, niente scimmie terrestri, tristi sorti e treni galoppanti. Il gruppo fa bene all’immagine e il pubblico lo sa, lo sente e allora non più solo spinte e salti ma anche tanta voglia di stare insieme e intonare a squarciagola una canzone ostinata senza trovare una nota, benzina o cenere, ogni livido ma solo un mare nero. Ma è l’amore che lo muove, sai? E così, mossi da un sentimento ancestrale in un mondo che tu non vuoi, il pubblico intona i loro cavalli di battaglia, quei brani che quando un giorno questi ragazzi andranno a riempire gli stadi faranno da testa d’ariete per rapire i cuori di quei pochi che ancora non amano i Verdena. “Muroi Delay”, “Valvonauta”, “Un po’ esageri”. Sono quei pezzi che accompagnano le persone da sempre, senza troppe scuse. I Verdena sono parte integrante della vita di tutti noi e , perdersi è un’agonia come Alberto canta nei ghiacciai altra piccola gemma che diventerà un classico dei loro repertorio tra cuori dismessi e dubbi che non abbiamo. Un brano per coppie collaudate e accettate. Un pezzo per far riprendere fiato ai più prima di imbatterci nella magia di “Volevo Magia”, splendida sorte per chi nella folla non smette di saltare e pogare, sudare e correre.Tre parole, due due sei ma sono mille forse e non bastano per spiegare l’emozione di chi attonito finalmente dopo più di sette anni ha rivisto i Verdena in concerto.
Questa napoletana è stata l’ultima data di Alberto Luca e Roberta prima di una sosta in attesa del tour estivo, vedi Napoli e poi muori diceva qualcuno. E così sia, andiamo in pace, in requiem, e come in un fiume morirò di fame.
Antonio Conte
Fotografia di Carmen Sigillo