Héctor Abad Faciolince, Borges e la memoria
“Non avrei voluto che la vita mi regalasse questa storia. Non avrei voluto che la morte mi regalasse questa storia”.
Questa storia nasce più di trenta anni fa da una morte, o meglio ancora da un assassinio. E per quanto dolorosa sia la morte di un padre, trovare un continuum di vita nell’attimo stesso della sua morte è una ragione per continuare a vivere cercando delle risposte. Il 25 agosto del 1987, verso le sei del pomeriggio in Calle Argentina a Medellín, Héctor Abad Faciolince trova suo padre Héctor Abad Gómez – medico, professore universitario e attivista per i diritti umani – a terra ucciso a colpi di pistola. Nelle sue tasche c’è un foglietto con su scritta una poesia firmata J.L.B.
J.L.B.
Iniziali e stile del sonetto subito riportano al grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, ma questi versi non sono presenti nell’opera omnia dello scrittore. È o non è quindi una poesia di Borges? Héctor Abad Faciolince comincia quindi un lungo viaggio tra carte, luoghi e persone.
“Se non fosse la verità, potrebbe sembrare una fiaba”.
Attraverso indizi, intuizioni e pazienza si ricostruisce, a ritroso una storia che riporterà all’autori dei versi. Un sonetto, tre quartine e un distico finale. Versi che ci trasportano verso l’oblio che saremo, verso la morte. Dal poeta colombiano Harold Alvarado Tenorio al poeta venezuelano Jiménez Emán, dallo studioso Nicolás Helft a María Kodama vedova di Borges, dal prestigioso professore peruviano Julio Ortega allo scrittore e traduttore brasiliano Charles Kiefer; con l’aiuto della cara Bea Pina sono questi alcuni dei contatti di cui l’autore smuove la memoria, per ricostruire i versi custodi da suo padre, fino ad arrivare alla sua voce.
“A parte questo, però, la storia di tuo padre con una poesia in tasca è formidabile. Ed è ancora meglio se si tratta di una poesia di nessuno e, al tempo stesso, di ognuno di noi”.
“Una poesia in tasca” (Lindau, pp. 84, euro 12) di Héctor Abad Faciolince muta il passato in una scia di parole e di immagini, arrivando a noi attraverso la puntuale traduzione di Monica Rita Bedana e attraverso quella ricerca intima che ci conduce in vite passate fino a riportarci unicamente al presente assoluto. “Aqui. Hoje”.
Marianna Zito