Harald Gilbers racconta al Festivaletteratura di Mantova il suo ultimo romanzo “La lista nera”
Sabato 7 settembre abbiamo incontrato, in occasione del Festivaletteratura di Mantova, lo scrittore giallista tedesco Harald Gilbers; il suo ultimo romanzo, “La lista nera” è uscito lo scorso 29 agosto per Emons Edizioni.
R.U.: Quando ho iniziato a leggere “La lista nera” ho notato subito all’inizio l’elenco dei personaggi, cosa che di solito si trova nelle opere teatrali e non nei romanzi. Una caratteristica interessante perché dà l’idea di chi il lettore incontrerà nel libro. Dato che hai lavorato per il teatro, posso presumere che questa caratteristica provenga da questo?
H.G.: In verità l’elenco dei personaggi è inclusa solo nella versione italiana, è stato fatto anche per i romanzi di Agatha Christie, sembra che sia tipico degli editori italiani. Ho lavorato in produzioni teatrali come direttore di palco per 14 anni e sicuramente questo mi ha influenzato molto come scrittore di romanzi e su come sviluppare una trama, essere in grado di mettere in parallelo più storie e creare una struttura complessa. È stato importante per me avere iniziato con il teatro perché mi ha dato le basi della drammaturgia. È stato importante anche il lavoro con gli attori, mi hanno insegnato molto sui personaggi e traggo molti spunti dal lavoro con loro. Di solito c’è un testo già scritto e fissato e gli attori si comportano in un certo modo, devono trovare loro il motivo di quel loro comportamento, creare un sottotesto, questo è il lavoro che si fa a teatro. Mentre scrivo cerco di mettermi nella testa dei personaggi, come se andassi in scena a recitare e interpretarli.
R.U.: Un giallo è difficile da portare in scena a teatro perchè accadono molte cose. Mi chiedevo se ritieni possibile portare i tuoi romanzi a teatro.
H.G.: Non penso sia possibile, ci sono troppe limitazioni, il teatro è fatto principalmente di dialoghi e certamente ci sarebbero problemi con il cambio delle scene e con l’ambientazione. In parte ho iniziato a scrivere romanzi per non avere limitazioni; sono piuttosto interessato al cinema, ma è molto costoso ed è difficile entrare nel giro mentre per scrivere io ho bisogno solo di carta, computer e stampante.
R.U.: Le descrizioni sono molto interessanti, a mio parere sono le vere protagoniste: Berlino, il freddo, la Germania e la situazione che stava vivendo nel dicembre del 1946. Poi c’è Oppenheimer. È stato sorprendente trovare così tante emozioni nella descrizione dei luoghi, le immagini sono molto nitide.
H.G.: Il mio agente mi disse che ci sono pochissimi sceneggiatori che pubblicano romanzi e che quando succede le descrizioni sono molto sintetiche perché in una sceneggiatura non è necessario, si lascia fare al regista. L’ambientazione storica è importante per me, penso che rappresenti il 50% nei miei romanzi mentre l’altro 50% è dedicato alla trama. Per esempio, nel mio terzo romanzo “Atto finale” la parte storica è ancora più rilevante, con l’avanzata dell’armata rossa.
R.U.: Questo è il tuo quarto romanzo con lo stesso protagonista, ma non ci sono descrizioni che lo riguardano né si dice quanti anni ha. Mentre scrivi, come immagini il personaggio? Ho letto in interviste precedenti che avevi deciso per un protagonista isolato: Oppenheimer è ebreo, un uomo sempre a rischio. Nel caso in cui i tuoi romanzi diventassero film, sapresti indicare un attore per la parte di Oppenheimer?
H.G.: Ho descritto un poco Oppenheimer nel primo romanzo, ma cerco di non approfondire troppo perché preferisco che il lettore lo immagini come vuole. Penso sia nato intorno al cambio di secolo e in quest’ultimo romanzo avrebbe circa 47-48 anni. Tento di immaginarlo mostrando il suo comportamento, ma non attraverso l’esteriorità, quanto nella sua interiorità e nel suo vedere tutto in modo soggettivo. È più importante per me avere una visione istintiva, come i personaggi si comportano, cosa fanno. Li metto su un palco immaginario e li lascio fare. Il primo romanzo diventerà una serie televisiva e conosco l’attore che interpreterà Oppenheimer ed è completamente diverso dall’immagine che avevo in testa, ma sono flessibile, dato che nel teatro, con un copione e gli attori, si tenta di capire a chi assegnare i ruoli e il lavoro sta nell’incorporare l’attore al personaggio e di solito funziona.
R.U.: Prevedi di continuare con la storia cronologicamente o di fare un salto all’indietro?
H.G.: Al momento ho scritto un racconto ambientato nel 1923, ma per i romanzi andrò avanti con gli anni successivi; in Germania le lezioni di storia a scuola sono molto esaustive e per me è interessante scrivere cosa è successo dopo. La ricostruzione storica parla così tanto di noi stessi, della nostra situazione attuale, della politica, del lato psicologico e altro ancora. Il quinto romanzo sarà ambientato nel 1947 e dopo arriverà il blocco di Berlino e l’inizio della Guerra Fredda, tutto quello che stava accadendo in Europa viene riflesso a Berlino e ho trovato molto materiale su cui scrivere. Le note alla fine del libro rappresentano le mie fonti e il lettore può andare oltre e approfondire per conto suo.
R.U.: Il tuo modo di scrivere è cambiato dal primo romanzo? Stai scoprendo qualcosa di nuovo?
H.G.: Difficile a dirsi, c’è sempre la routine di mezzo, ho appena finito la bozza del quinto romanzo ed è quasi a posto, ho dovuto fare molto lavoro per sistemarla. In merito alla trama non ci sono molte differenze, tento di apportare variazioni, ma quando si scrive una serie si fanno variazioni a un tema che si ripete sempre, tentando di mantenerlo sempre nuovo. Da quando è stato deciso che è una serie, posso introdurre nuovi personaggi che possono diventare importanti nei prossimi romanzi, così da avere più opzioni di sviluppo della trama. Oppenheimer ha un grande percorso ad arco nella mia testa e in “Atto finale” è arrivato a metà; nel primo romanzo era ridotto all’osso e con “Atto finale” inizia a ritrovarsi. Inizialmente avevo in mente una serie diversa, il primo romanzo doveva essere ambientato nel 1944, il secondo intorno al 1949 e il terzo nel 1952, quindi con una maggiore distanza temporale, ma dopo il primo romanzo l’editore mi disse “hai descritto così bene quello che è successo, perché non scrivere un altro romanzo ambientato a quel tempo?” È stata una sfida per me, avevo in mente un’altra struttura, ma sono felice di averla accolta.
R.U.: Come hanno reagito i tedeschi ai tuoi romanzi? Li hanno accolti bene?
H.G.: In particolare per il primo romanzo gli editori erano davvero spaventati perché è molto importante ricordare il periodo nazista, ma io volevo farlo in modo diverso, combinando il sentimento popolare con un giallo, quindi alta e bassa cultura; avendo la storia in parallelo a un giallo suonava piuttosto controverso. Molti grandi editori mi dissero “è un buon testo, ma il mercato non è pronto per questo”, ma nel frattempo venne pubblicato il primo romanzo di Volker Kutscher “Il pesce bagnato” e ottenne a sorpresa un grande successo, così l’editore decise di tentare anche con il mio romanzo. Ho dovuto trovare i miei lettori in un certo senso, perché i lettori del thriller tradizionale non trovavano abbastanza brivido e troppa parte storica, quindi ho dovuto individuare i miei lettori durante gli anni. Quando il secondo romanzo venne pubblicato la maggior parte dei lettori non aveva capito che si trattava di una serie e lo scoprirono più tardi quando uscirono il terzo e il quarto romanzo e andarono ad acquistare il secondo per non perdersi tutto quello che era successo nel mezzo e non rimanere indietro.
R.U.: Vorresti dire qualcosa che ancora non ti è stato chiesto sull’ultimo romanzo?
H.G.: Sì, come romanziere, cerco di trasmettere un tema in quello che scrivo e per me questo tema è “la realtà è complessa”. Ho iniziato a scrivere 11 anni fa e non avrei immaginato che il nazionalismo o il populismo sarebbero tornati alla violenza. I miei romanzi vennero accusati politicamente quando uscì il primo perché tentai di scrivere commenti politici, anche se con diversa prospettiva “guarda indietro e non ripetere gli stessi errori.” La politica non è solo azione, ho scritto un romanzo che io stesso avrei voluto leggere, all’inizio sono stato un po’ troppo fiducioso ed è ancora un problema per me perché non so quanto il lettore conosca dell’argomento, così di solito inserisco più informaizoni possibili sul contesto. Non si tratta di niente di nuovo per la Germania, ma è importante per i lettori di altre nazioni, per poter capire, si tratta di un equilibrio delicato.
R.U.: Quando uscirà il tuo quinto romanzo? Hai già un titolo?
H.G.: In Italia uscirà il prossimo autunno, il titolo sarà “Hunger Winter” e sarà ambientato nel 1947 con una situazione che vede di nuovo problemi nella ricerca del cibo, il freddo e altro.
Ringraziamo Harald Gilbers per la sua disponibilità e per la piacevole chiacchierata.
Roberta Usardi