“Guardando a Ovest, l’ora del tramonto” di Eugenio di Donato
Un bel giorno di un mese imprecisato Eugenio Di Donato si mette in cammino, passo dopo passo , un piede dopo l’altro, una lettera dopo l’altra, a formare parole, che vanno a formare delle frasi, che costruiscono poesie, ponti a congiungere il lui che era stato a colui che aveva deciso di intraprendere il cammino di Santiago. La voglia di affacciarsi oltre i propri confini, di valicare le proprie abitudini non è voglia di scappare ma piuttosto consapevolezza e presa di coscienza. Prendere tutto, vendere tutto, restare senza niente. Ma cos’è niente? Cosa è tutto? Sono io? O lo spazio che abito?
Eugenio porta con sè parole a fargli da sciarpa e collane e tessuti. Ha le mani, tese a spezzare legami, a costruire legami. Ha una bocca per mangiare e occhi per guardare, come quando guarda un luogo che era come quello da cui proveniva. Ha il tempo, prezioso, che si è guadagnato con le proprie scelte, con le proprie forze. Tempo per sedersi e guardare le persone. Tempo per un viaggio in Spagna, tagliata in due come una linea sottile, una linea che mal si applica a raccontare l’esistenza. Una nazione attraversata per intero a piedi, direzione Santiago. Il viaggio è la capacità di trovare il coraggio per compiere i passi e trovare le parole che vanno a formare “Guardando a Ovest, l’ora del tramonto” (Edizioni Il Viandante, Collana La forma delle nuvole, pp. 54, euro 12), la sua prima raccolta di poesie dopo aver pubblicato, nel 2020, “Sangue e Latte” per l’editore El Doctor Sax.
Il viaggio è la capacità di decidere di camminare. Eugenio decide, sceglie, muove i passi verso il proprio destino. Molte delle cose che pensiamo che facciamo dipendono dal rapporto che abbiamo con la nostra memoria, molte dipendono da come decidiamo di reagire a tutto ciò. Siamo la conseguenza di tutto ciò che è stato prima di noi, una semplice ruota del carro o siamo quel carro? Vogliamo scegliere o vogliamo vivere? E se provassimo a scegliere la vita? Senza compromessi, ascoltando il nostro corpo, i segnali che ci vengono dati, che troppo spesso per comodità ignoriamo. Dormo, mangio, passo.
Eugenio Di Donato costruisce frasi che bruciano, che tolgono il respiro, che stringono corde e lasciano graffi. Versi decisi e affilati, che tagliano piano con precisione, con passione. La teoria degli opposti che si toccano è un trucco che ci fa comodo raccontare. Il bene e il male si toccano quando li confondiamo, quando li mischiamo. Sono due cose distinte. Scegliere è anche questo. Scegliere è tutto, è scoperta, viaggio, conoscenza. È sbattere la testa finchè ce ne sarà bisogno. Quando ti manca la capacità di vedere un altrove è proprio lì che capisci che forse è il caso di scendere dal treno, dalla giostra che tanto la destinazione, se c’è mai stata, è cambiata. Ma la soluzione non è stare fermi, è trovare il coraggio per essere palla inseguita e bambino che insegue, che la memoria è sempre con noi, quello che siamo stati non va via. Decidere significa perdere pezzi, lasciare andare per trovare e colmare il silenzio vuoto di chi ci ha amato e ha deciso di non parlare. Terre desolate, io landa sconfinata da attraversare, volti, nasi e mani da vedere, da scoprire. Coltivare relazioni che vogliamo e trasformare le radici in rami del presente. Provare e riprovare, cambiare i limiti e le barriere in trampolini, gli errori in opportunità, la vita che vorremmo nella vita che abbiamo. Eugenio Di Donato racconta tutto questo. Non è molto, ma è quello che c’è.
Antonio Conte