Gli “Ultimi versi” di Marina Cvetaeva
“È tempo di togliersi l’ambra,
è tempo di cambiare parole,
è tempo di spegnere la lanterna
sul portone ( )”
Si chiude con questi struggenti versi il libro tradotto e curato da Pina Napolitano in cui sono raccolti gli ultimi componimenti di Marina Cvetaeva dal titolo “Ultimi versi 1938-1941″ (Voland, 2021, pp.149, euro 14).
Voce di una Russia che lotta contro il regime stalinista, patria così povera e tormentata eppure sempre rimpianta, Marina Cvetaeva si pone nell’olimpo delle donne più prolifiche e acute, per le quali la poesia è vita anche e soprattutto quando questa è negata. Totalizzante nel suo modo di vivere e amare, scrive senza riserve sui suoi sentimenti e non si risparmia su temi politici. Lasciata la sua amata Russia nel 1922, inizia per lei un lungo peregrinare che la porterà dalla Germania in Boemia, fino a Parigi. Marina si trova spesso a bramare una nuova meta, andarci e odiarla, salvo poi rimpiangerla una volta andata via. Sembra quasi che per lei la lontananza sia una condizione necessaria all’amore. Tornerà solo nel 1939 in Russia ma da esclusa e il rientro, già di per sé sofferto, non le risparmierà altri dolori: sia il marito sia la figlia Ariadna infatti, saranno vittime del regime e, mentre il primo verrà arrestato, la figlia verrà internata in un campo di lavoro. Saranno anni duri per la Cvetaeva che la costringeranno lentamente verso la morte. Il suo unico appiglio sarà suo figlio Mur che ormai giovane e attivo durante la seconda guerra mondiale, non riuscirà a fermare sua madre che, terrorizzata dalla guerra lascerà di nuovo Mosca. Per lei, abituata a concepire la poesia come vita, non scrivere significherà non essere.
Questo piccolo libro traccia gli ultimi quattro anni della vita della Cvetaeva e anche i suoi ultimi versi, quelli che porteranno progressivamente a un silenzio che, a ottanta anni dalla sua morte, non smette di fare rumore. In queste pagine c’è una Marina diversa, capace solo di versi cupi. Una Marina che ha bisogno di amore ma sola e senza più speranze, si abbandona a sentimenti troppo dolorosi, per i quali non trova parole. Le parentesi vuote che talvolta si incontrano in alcune poesie, rappresentano forse quelle parole che Marina non riesce ad esprimere. Sono il vuoto che si porta dentro, sono quel silenzio che la accompagnerà a fare un gesto inconsulto. La Cvetaeva infatti, una volta fuori Mosca, arrivata ad Elabuga, il 31 agosto si uccise, impiccandosi.
Sara Pizzale