Gli “Incontri” spettacolari di Leila Baiardo
Evidente a tutti è che la culla in cui si nasce può essere più o meno comoda. Poi, il resto, lo farà la vita. Leila Baiardo, dissacrante (perché non ha mai dovuto dimostrare niente a nessuno), gioiosa (perché era così e non avrebbe mai potuto immaginarsi diversa), malinconica (perché i ricordi sono tanti e tanto l’hanno segnata), nel suo “Incontri” (Le Commari Edizioni, pp. 122, euro 15), ha raccontato la vita, la sua; come un diario che non ha motivo di rimanere segreto. Anzi. Ogni incontro ha aggiunto sul suo foglio, come per tutti nato bianco, un colore nuovo, diverso, fino a fare di se stessa, (in fondo in fondo lo avrà sempre saputo, ma non lo avrebbe ammesso mai), un capolavoro. Pagina dopo pagina, lei fa del suo lettore un voyeur sempre più curioso. È davvero un piacere dell’anima condividere empaticamente questi ricordi di vita: la sua e dei suoi molti amici.
Ventidue sono le presenze che compongono questo coro interessante in un momento storico, dove a imperare era la fame e la bellezza. La Baiardo ha svelato qui aneddoti di grandi artisti, mantenendosi un po’ al margine del racconto; come una specie di ambasciatrice dispettosa che non porta pene. Non ha temuto dire la sua su chi le faceva nascere sentimenti di antipatia, come la ‘Scrittore’ Elsa Morante che il femminile non lo reputava all’altezza del suo essere. Si sa che tra donne quando s’innescano certi meccanismi… Incontri di stima, come quello con Zavattini, il regista che considerava il suo cinema un gioco, e che le diede un bell’insegnamento: «”Vede”, mi disse, “il mondo è tutto stravolto. Si considera eccezionale ciò che dovrebbe essere normale. Dar qualcosa a qualcuno dovrebbe essere normale, fatto con rispetto. Anche un lavoro ben fatto, anziché normale, viene considerato eccezionale. Ma tutti i lavori dovrebbero essere ben fatti.”». E cosa c’è di più serio di un gioco?
Incontrò la tenera sensibilità di Anna Maria Ortese. Non mancano, come è giusto che sia, accennate storie di sesso senza velarsi in inutili pudori, “… senza dire una parola mi ha spinto sul letto e mi si è buttato addosso”, racconta di Antonio Delfini. “Ma i grandi scrittori non sono certo garanzia di grandi scopate”, no. Fu il grande Fellini a chiederle consigli sulla sceneggiatura la “Strada”, chiarendole subito però che non l’avrebbe mai fatta lavorare al suo fianco; la riteneva troppo strampalata. Amica di Sandro Penna fu testimone di adescamenti: per un cartoccio di lupini i ragazzetti si vendevano. La fame: altro colore. Nel narrare la conoscenza con la poetessa Alda Merini, la scrittrice si fa sensibile perché oltre alla sua pazzia c’è anche la sensibilità. Non potevano, qui, mancare aneddoti sul suo amico Elio Pecora. Divertente l’incontro con Mike Bongiorno.
Fred Buscaglione, “Ve la ricordate, no, quella guerra catastrofica non so bene contro chi…” incontrato in gioventù, baci delicati sulle labbra, e un appuntamento in camera dove l’ormai famoso Fred, ruppe il silenzio sul letto, russando. L’offesa, neanche a dirlo, fu talmente grave che racconta la sua fuga in taxi per andare a dormire nel letto di casa sua. Ovvio. Racconta la generosità di Claudio Villa, le risate con Paolo Poli, l’incontro con Carla Fracci che le confermò che “la danza è un’arte che sfalda i sentimenti terreni”.
Immagini piacevoli qui accarezzate con cura sensibile, un pizzico di strafottenza (le cose serie sono altre) e a nostalgie reali si sono fuse tra le pagine di questo diario, nostalgie immaginarie. La scrittura schietta, semplice, efficace, della Baiardo è l’amo che ci aggancia e ci trascina fino a immaginare una vita e i suoi incontri speciali come fosse la nostra. Penso a chissà cosa staranno combinando ora, tutti ancora insieme, in un’altra immaginata dimensione. Di sicuro, non si annoieranno.
Veronica Meddi