Gli Aymara e il rock ruggente del primo disco omonimo
La band rock bresciana Aymara ha pubblicato il primo album, omonimo, lo scorso 8 febbraio; la formazione, nata nel 2017, comprende Eddy (Alberto Marcon, voce e chitarra), Ringhio (Alessandro Bosio, batteria) e Cresta (Riccardo Alghisi, basso).
Dieci brani inediti in italiano, energicamente rock, con melodie ricercate, uno stile che non manca di sonorità che attingono al buon grunge o, in certi punti, al blues; il disco “Aymara” (Aymara / Gasterecords) fa percorrere all’ascoltatore un viaggio musicale potente e pieno grinta. Ma veniamo a un commento più dettagliato.
“L’alfiere” inizia illudendo tranquillità, ma si tratta di pochi secondi prima di trasformarsi in energia e graffiante vocalità, in un testo che identifica la vita come una partita a scacchi, in cui “la nostra mossa è il nostro scegliere” e nel caso dell’alfiere la direzione è una sola.
“Strappa le nuvole” è un altro brano ruggente, ma più melodico, dal testo con immagini intriganti: “resta l’amaro in bocca, il dolce siamo noi, non c’è più margine, strappa le nuvole” e un assolo di chitarra notevole.
“Bianco sporco” inizia con un giro travolgente, il testo punge e gioca sui colori come metafora di personalità: nero, grigio e il bianco sporco del titolo, riferito a una persona all’apparenza pura e pulita e ora rivelata nella sua natura “sporca”.
“Fuoco all’improvviso” ha una lieve e gustosa venatura di blues nella strofa “adesso siamo qui sul bordo del precipizio lo sai”, con il testo che paragona una spinta emotiva all’immagine del titolo: “ci vuole l’abitudine dei sensi, è come un fuoco all’improvviso che non finisce mai”.
“Il demonio è arrivato primo” è stato il singolo pubblicato il 30 dicembre 2019 come anticipazione del disco, un brano potente con una strofa che dal parlato si tramuta in uno sfogo vocale per arrivare a un inciso melodicamente più lineare; il testo è una protesta contro l’uomo civile, in grado di “trasformare l’inferno in nero pece”: “fino in fondo non c’è un fine, come un traguardo irraggiungibile, più classico rimane il tuo pensiero sterile”.
“Mezz’ombra” ha un richiamo fortemente grunge e un testo che esprime la difficoltà di dire addio: “mezz’ombra riusciremo a fare, con gli occhi chiusi non fa male, mezz’ombra in mezzo uomo resta che abbraccia forte la tempesta”.
“Plastica” è il brano più “tranquillo” e melodico del disco, che permette di apprezzare la band anche in sonorità più calme e anche, in un certo senso, romantiche, rivolte verso il pianeta in cui viviamo: “cerchi conforto in un colore prevedibile, non vuoi, non vuoi sapere cosa poi qui resterà di noi e di te”.
“Schiaffi in faccia” inizia con una serie di stacchi, il testo descrive un comportamento immaturo, incapace di realizzare davvero i propri comportamenti infantili: “la fine, un fine che poi comincerà, sbagli strada, preso a schiaffi in faccia e nessuno ti ha mai chiesto scusa”.
“Porgi l’altra guancia” inizia subito con un grido d’attenzione, che ha il suo pieno sfogo nel ritornello, ipnotico: “ehi ricarica, ricarica, prendi me”, la richiesta di dare un’altra possibilità porgendo l’altra guancia.
“Apnea” è un brano anti romantico e amaro: “urla più piano io così no, non so sentirti più “, in cui il testo parla di come le parole d’amore possano nascondere bugie: “no, non se ne può più di sguardi in aria e rime, prendi a schiaffi l’apnea di bugie, così false da sembrar di piombo”.
Un buon primo disco, che convince e conquista sempre di più dopo il primo ascolto.
Roberta Usardi
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