Giovanissimi artisti in scena con “La Belle Hélène” al Teatro Sociale di Como
La Filarmonica e i cantanti del Conservatorio di Como hanno portato in scena La Belle Hélène al Teatro Sociale di Como, opera buffa in tre atti di J. Offenbach, con la direzione del maestro Bruno dal Bon. Il risultato è stato uno spettacolo frizzante sia per i contenuti sia per l’entusiasmo dei giovani interpreti.
“La Belle Hélène” viene considerata il capolavoro di Offenbach, e aprì la “Offenbachiade”, vale a dire il periodo che intercorre tra il 1864 e il 1870, anni in cui il celebre autore tedesco spadroneggiò nella vita teatrale di Parigi. L’opera debuttò al Théatre des Variétés di Parigi il 17 dicembre 1864, ed è la più conosciuta tra le almeno cento operette del compositore; insieme ad “Orfeo all’Inferno”, “La Belle Hélène” ha legato per sempre il nome di Offenbach alla parodia dell’antichità.
La trama è nota a tutti: si tratta della celebre vicenda che permise a Paride di ottenere una notte d’amore con la bella Elena. L’operetta, composta nel 1864, è una satira dei rapporti sociali dell’epoca, in particolare dei rapporti di coppia: per una punizione divina, tutte le coppie saranno infatti indotte a litigare.
Le arie erano cantate in francese, ma i numerosi dialoghi previsti dal libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy sono stati tradotti in italiano per agevolare un pubblico italianofono, tanto quanto i giovanissimi artisti. Il risultato è stata una fresca commistione di lingue, resa ancor più cosmopolita dal fatto che molti membri del cast avevano un marcato accento straniero.
Dimenticatevi i costumi classici, in quanto gli uomini indossavano giacca e cravatta, e le cantanti abiti da sera. Ne consegue che l’ambientazione è un’epoca senza tempo, una discronia irrealistica che soltanto il teatro può creare. I protagonisti del mito appaiono così terribilmente vulnerabili ed umani in tutte le loro comiche bassezze. I colori hanno rivestito un ruolo molto importante nei costumi, per identificare i vari personaggi così come i tessuti, per quanto riguarda gli abiti delle artiste. La ricchezza dei costumi è in contrasto con la scenografia minimalista, che è totalmente assente nella prima parte dell’opera e costituita da una semplice impalcatura nel secondo tempo. Ciò ha dato al coro ampio margine di movimento e ha lasciato alla prossemica il compito di definire lo spazio. I cantanti sono artisti molto giovani, che compensano la poca esperienza con entusiasmo e, dato che hanno portato in scena un’opera buffa che racconta la parodia di un mito, allegria e dinamismo. Gli artisti hanno prediletto uno stile recitativo moderno, energico e giovanile, che ha strappato non poche risate al pubblico e si è guadagnato l’approvazione degli spettatori. L’opera lirica di questi tempi si sta sempre più allontanando dalla sontuosità del passato, per abbracciare uno stile più prossimo al teatro di prosa e per mescolarsi ad altri stili; i giovani artisti hanno certamente voluto dare prova che l’opera lirica può essere rivoluzionata, e acquisire significati inediti.
Gli stessi hanno dato prova di saper mettere a frutto gli insegnamenti del Conservatorio di Como e hanno manifestato la passione dei principianti e la professionalità dei veterani, soprattutto considerando che deve essere stata una forte emozione per loro calcare un palcoscenico importante come quello del Teatro Sociale di Como con un pubblico pagante. La scelta di Offenbach ha consentito di rispolverare un’opera poco proposta dai teatri italiani, e ha consentito ai cantanti di esprimere sul palcoscenico una qualità che non sempre si associa all’opera lirica: la spensieratezza.
Ancora una volta il Teatro Sociale di Como ha saputo valorizzare non soltanto la cultura, ma anche i propri cittadini, offrendo spazio ai giovani e un’inedita esperienza all’insegna dell’opera lirica ad uno pubblico alla ricerca di sapori nuovi.
Valeria Vite