Gilberto e il nuovo singolo “Non è un paese per Jovanotti” – L’intervista
“Non è un paese per Jovanotti” è il nuovo singolo, l’ottavo, di Gilberto Ongaro, in arte Gilberto, musicologo, cantautore e tastierista aponense. Il videoclip del brano è diretto da Maurizio Del Piccolo. “Non è un paese per Jovanotti” farà parte dell’album “Con tutto il dispetto” in uscita prossimamente. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista per conoscerlo meglio.
“Non è un paese per Jovanotti” è il tuo nuovo singolo, un sound che mescola pop, chitarre distorte e elettronica per una melodia immediata, come hai avuto l’idea di questo brano?
Da un gioco di parole, da giovani a Jovanotti. Ho trovato più interessante approfondire ciò che significa Jovanotti, la sua visione del mondo così ingiustamente distante dagli italiani di oggi, piuttosto che fare il solito lamento dei giovani contro i vecchi, che mi appartiene poco.
Quale sarebbe il paese per Jovanotti secondo te?
Sarebbe quel posto, come cantava lui, “dove convergono le esperienze e si trasformano in espressione”, dove “il nostro amore diventa azioni”. Dove non ci si nasconde dietro la paura collettiva, ultimamente pure valida per colpa della pandemia, per seminare odio. Non parlo solo di propaganda politica, sarebbe facile, ma anche di sensazioni che partono dal basso, dal popolo. Dai basta che mi vien da piangere.
Canti “ora va di moda chi è più arrabbiato” e “come ci siamo ridotti”, è così che vedi gli italiani? C’è un rimedio secondo te?
Un rimedio c’è sempre, al momento non lo vedo. Abbiamo distrutto l’educazione in anni di riforme anti-scuola. Sempre più gente invoca l’uomo forte. I miei pari (operai) sono una massa di individui solitari e inclini alla competizione tutti contro tutti, come fossimo in concorrenza tra grandi ditte, ma senza averne il capitale in borsa. Tutto ciò che mi avevano insegnato che è sbagliato, ogni comportamento scorretto, nella società reale viene esaltato e pure premiato. L’uomo che “ce la fa” è un terrorista che non si fa beccare.
Quando è prevista l’uscita del tuo disco “Con tutto il dispetto”? Dai singoli usciti fino ad ora sembra un album molto variegato: in “Acero Perseo” non canti, ma racconti, in “Stistà” canti in dialetto…
Grazie, una domanda più leggera! L’album “Con tutto il dispetto” sarà presto ascoltabile su Spotify, mi sa già dal 17 luglio invece che il 24, se non ci sono imprevisti. Eh sì, in dodici canzoni ci sarà spazio per swing, punk, pop, rap, i pianeti nuovi, il dialetto veneto, il golf… Ma è sempre una mia prerogativa, preparare gli album come ricchi menù.
In “Bighellone” canti “ho buttato l’acquaragia, questa musica è bambagia, ho abolito la pesantezza”, è la definizione della tua musica?
Posso dire che sono commosso? Quanta attenzione ai testi, io ci tengo tantissimo, visto che ieri mi sono beccato del superficiale, e l’altro ieri del parassita (eh ma me li cerco gli insulti eheh). “Bighellone” è il pezzo – manifesto di questo nuovo periodo, sotto il mio vero nome. Ho definito le mie produzioni precedenti “acquaragia”, perché, pur affrontando sia attualità che costume, nella voce c’era un’acidità costante che rendeva spigoloso l’ascolto, e controproducente la ricezione delle parole. Resta il sarcasmo di fondo, ma ho arrotondato il mio modo di cantare.
Nel singolo “Film” hai collaborato con il rapper Hotice, tuo corregionale, come è avvenuto il vostro incontro?
L’ho incontrato nel 2014, ad un concorso canoro. Mi è piaciuto da subito perché porta sempre messaggi sociali. Anni dopo l’ho visto rappare sul bullismo, dando voce nel racconto anche al bullo, al suo vissuto burrascoso. Il suo sguardo è sempre attento. Scrivendo “Film”, mi ero accorto che il testo era troppo corto, per quanto aforistico, e mi è venuto in mente di chiamare lui. Ha aggiunto versi clamorosi!
Nel 2012 hai inventato l’idea di Saffir Garland, il cantautore satirico, oggi invece sei Gilberto, ma Saffir Garland e Gilberto che tipo di rapporto hanno? Potrebbero mai collaborare?
Non possono collaborare, perché sono sempre io. Non sono due lati di me: è un’evoluzione di me. Se vuoi, Gilberto è Saffir 2.0. Molti continuano a chiamarmi Saffir Garland, ma va bene così. Anche Max Pezzali io lo chiamo ancora 883, come se fosse lui la moto.
Quali sono gli artisti che ti hanno ispirato lungo il tuo percorso musicale?
Tanti. All’inizio c’era troppo Elio, da anni cerco di togliermene le tracce, non voglio esserne una copia. Coi Bluvertigo ho fatto l’adolescenza, ma dopo la scenata di Morgan a Sanremo non riesco più ad ascoltarli. Perché adoro Bugo, specie all’inizio. I primi drammatici Muse. I Daft Punk. C’è sempre Franco Battiato come guida spirituale, e anche per i suoi anni ‘70. A un certo punto ho scoperto e amato Rino Gaetano. Peter Gabriel, sia solista che nei Genesis. Quando ho bisogno di volare, i Pink Floyd, soprattutto di “Meddle” e “Atom heart mother”. Anche se di recente grazie a Scanzi, ho apprezzato “The final cut”, che accosto sempre a “E già” di Lucio Battisti: album di rottura sottovalutati. Ah a proposito, sono infine dipendente dagli dischi “bianchi” di Battisti con Panella, il vero Poeta dei nostri tempi, l’unico che li renda piacevoli e intriganti.
Roberta Usardi
http://www.facebook.com/saffirgarland/