“Fratto X”: Antonio Rezza porta ancora una volta in scena all’Elfo Puccini il suo capolavoro assoluto
“Perché l’uomo muore? Perché troppo spesso è fratto sotto. Uomo fratto Uomo, Uomo con Uomo si semplifica, rimane solo questo sconsolatissimo fratto.”
Di questo, per chi non lo conoscesse, ci parla in fondo ogni spettacolo di Antonio Rezza: dell’orizzonte, “il più grande fratto dell’umanità”, quello guardato dagli innamorati; “i due deficienti” lo guardano e si baciano, ma lì la gente muore sotto e sopra. Ci sono regole, in Teatro come nella vita, che valgono in assoluto. Il tempo, lo spazio, sono se vogliamo convenzioni che costituiscono un terreno comune su cui abitiamo le nostre certezze. Antonio Rezza no. Lui queste regole le conosce molto bene, e non ha la presunzione di volerle contestare o addirittura riscrivere. Semmai, siamo noi spettatori che ci sopravvalutiamo. E comunque non c’è partita, lui ha già vinto. Lo testimonia il fatto che noi paghiamo il biglietto per vederlo, lui no. Antonio Rezza le regole decide consapevolmente di ignorarle; e, così facendo, di esaltarle. Certo, il suo odio verso la mistificazione del teatro, del cinema, della letteratura è, come dice lui stesso, implacabile; l’uccisione della spensieratezza, necessaria. Ma ciò che Rezza compie, quando traduce l’impossibilità di agire in movimenti ipercinetici o esprime il bello usando un linguaggio ai limiti dell’inestetico, non è come potrebbe sembrare un mero e volgare atto rivoluzionario, quanto piuttosto una fuga organizzata, la costruzione in diretta, per noi, di una navicella spaziale pronta a partire verso il pianeta dell’inutile.
Le magiche “non scenografie” di Flavia Mastrella aggiungono senso, e “sensi”, a questo viaggio lisergico intergalattico: il loro fascino indescrivibile è lo stesso delle macchine inutili di Bruno Munari, l’espressione di un futurismo disinteressato rispetto al futuro.
Antonio Rezza riesce a fare Teatro nel senso più alto del termine e con un equilibrio, mai come in questo “Fratto X”, misuratamente smisurato. Farsi sommergere è tanto inevitabile quanto meraviglioso. Parlarne, impossibile: meglio affidarsi a lui, perché sia lui a darci la nostra vera voce.
Andato in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 6 al 9 febbraio 2020.
A.B.
Fotografia di Giulio Mazzi