“Forme di suoni”, la poesia di Lucia Diomede
“Forme di suoni” (Prospettivaeditrice, Collana I Fiori 60, pp. 75, euro 12) è la raccolta di poesie di Lucia Diomede, una silloge nata per stratificazione, dallo studio serio e minuzioso su quella poesia che spesso riflette su se stessa, sui suoi attrezzi e sulla sua materia prima, intrisa di suoni, parole e simboli grafici, e ancora su quella innata capacità di permanere o perdersi per sempre. Un’intensa riflessione linguistica che attraversa le diverse forme dal sonetto fino ad arrivare alle diverse forme musicali, come il valzer, il rap, il ragamuffin.
Poesie che colgono le più sottili percezioni dell’animo dando loro, alle volte, una forma classica, come possiamo leggere in “Madre dormivi” o “Musa breve”.
“… Un inatteso silenzio ci ha avvolte; / una reciproca inazione e assenza…”
La poesia di Lucia Diomede è un’arma in grado di risvegliare le coscienze delle persone colpite nell’animo, ferite. E il risultato, anziché essere intriso di morte, muta in rinascita.
“… dammi un barlume / di lucidità / perché possa intravedermi-Ti /anche solo come alone”
Una raccolta suggestiva, per una nuova riflessione sull’uso della parola, della scrittura e della lettura, con cui l’autrice si diverte a sperimentare le svariate forme di poesia e a riflettere sui grandi temi della vita, della morte, dell’assenza e dell’amore.
Vincitrice del premio BrainGNU 2013 (sezione poesia), Lucia Diomede, pugliese di Mola di Bari, è docente di ruolo nella scuola secondaria di secondo grado dove insegna lingua e letteratura inglese. Dopo aver pubblicato componimenti poetici in diverse antologie e scritto articoli di letteratura e arte contemporanea, Forme di suoni è la prima raccolta interamente sua. Uno dei componimenti della silloge, “Madre, dormivi”, si è classificato secondo nella sezione “Singola poesia edita” al Primo premio internazionale “Salvatore Quasimodo” (2016), presieduto da Alessandro Quasimodo, figlio del poeta e premio Nobel a cui è intitolato il concorso.
In copertina “Dove” di Giuseppe Verga, foto di Roberto Mascaroni.
Massimiliano Viola