Finalmente anche in Italia il romanzo di Clara Usón: “Cuore di napalm”
Fede nel 1984 ha tredici anni, un’età fragile durante la quale, attraverso gli impulsi provenienti dal mondo che lo circonda, cerca di costruire i propri modelli di riferimento. La prima fonte di ispirazione è senz’altro la vita dei propri genitori. E Fede è figlio di due cocainomani irresponsabili che gli impartiscono una visione della vita alterata e priva dei valori fondamentali. Infatti, Fede, nel panorama musicale di quegli anni, oltre a scegliere come band da seguire i Sex Pistols – gruppo punk rock britannico che, nonostante la sua breve durata (soltanto tre anni), influenzò molto la generazione a loro contemporanea – scelse di emulare Sid Vicious, bassista pazzoide della band, morto per overdose a soli ventuno anni.
“Oh Lord God have mercy/All crimes are paid.” – Sex Pistols
La storia di Fede si alterna alle vicende di Marta, una pittrice folle che tenta di sbarcare il lunario cercando di dipingere su commissione. La visione che Marta ha della vita è forse comune a tanti artisti che non riescono a trovare la loro espressione fondamentale in un mondo, quello dell’arte in quegli anni appunto, dove sembrava andare di moda la ricerca del sensazionalismo, a discapito della purezza e della sincerità d’espressione. Scena dopo scena, Marta cerca di costruire la propria felicità cercando di attuare strategie di convenienza e adattandosi alle varie circostanze. E puntualmente vede sgretolarsi la realtà, immaginata come realtà possibile. Ma non si arrende. Ricomincia anzi con più tenacia quel laborioso compito che è la ricerca della propria felicità.
“Crolla il castello di carte da gioco che stiamo costruendo pazientemente da ore e, passato il primo dispiacere, dopo aver sparato tre o quattro imprecazioni e scagliato un colpo furibondo sul tavolo, che non ha colpa di nulla, ci abbassiamo a raccogliere le carte dal pavimento e le depositiamo, una a una, sul tavolino, pronti a innalzare di nuovo la precaria struttura di carta, finché il primo colpo d’aria non la butterà a terra: così vedevo la vita, la mia, per lo meno.”
Nel romanzo le due storie sono alternate con maestria, tenendo alta l’attenzione del lettore attraverso una strategica tensione che però non impedisce di proseguire tranquilli nella lettura della vicenda successiva.
Leggendo questo romanzo si percepisce l’inevitabilità degli eventi, vicenda dopo vicenda, in una sequenza di cause ed effetti impossibile da interrompere. A volte si ha la sensazione di voler cambiare un rigo, una parola, per impedire l’esito nefasto che consegue a determinate azioni. Siamo incollati ai personaggi, alle scene che si susseguono, descritte sempre con ricchezza di particolari. Siamo nella storia ed è proprio per questo sentire che avvertiamo l’impulso di intervenire per cambiare il finale. Un finale che arriva a spiazzarci, così inatteso e inimmaginabile. Tutti i personaggi pagano il conto per ogni errore commesso, consapevolmente o inconsapevolmente. Insomma, una storia, questa di Clara Usón, “Cuore di napalm” (Atmosphere Libri, 2020, pp. 312, euro 18), che non perde mai il ritmo, fino all’ultima parola e che giustifica pienamente il meritatissimo Premio Biblioteca Breve Seix Barral nel 2009.
Letizia Chippari