Ferruccio Parazzoli e il suo “Happy hour”
“Il sabato pomeriggio, in corso Buenos Aires, Milano, è impossibile camminare a passo rapido sui marciapiedi.”
Ferruccio Parazzoli accoglie il lettore nella calca milanese quando tutti si preparano per il rito consueto dell’happy hour. Mario Spinoza, docente di Letteratura francese presso l’Università Cattolica di Milano, è un uomo che ha superato i cinquanta, vive separato dalla moglie Ivana e dal figlio Antonio e ha conservato “per noia il vizio del fumo”.
Mario descrive minuziosamente tutte le cose che circondano la sua vita, plasma la città di Milano in una maniera così semplice che il lettore, semmai non l’avesse mai visitata, a fine libro si accorge di conoscerla intimamente. Le vie, i nomi delle strade, l’Università, le case, le persone: nulla è lasciato a sé.
“Se mi accingo a narrare in prima persona i fatti avvenuti nella città di Milano in questo mese di maggio, è perché in parte ne sono stato testimone, oltre che raccoglitore di notizie rese pubbliche dai giornali.”
Un uomo si toglie improvvisamente la vita. In seguito, il suicidio diventa una costante tra le notizie di cronaca. Un morbo che sembra colpire tutti senza distinzioni di status sociale: giovani, anziani, padri di famiglia, titolari di imprese. La peste descritta da Albert Camus diviene una sorta di fil rouge in questa storia in cui si intrecciano le idee e le conversazioni di Mario, della sua studentessa Mara e del seminarista Aram. In poco tempo i suicidi si moltiplicano, la città di Milano viene messa in quarantena e l’unica spiegazione che si potrebbe celare dietro questo fenomeno è collegata al mal di vivere. È un’epidemia tremenda che cambia la vita delle persone, il morbo ingoia le loro vite come il consumismo odierno fagocita la folla.
“I contenitori di spazzatura rigurgitano carta oleata, focaccia masticata, bottiglie infrante, barattoli schiacciati, plastiche accartocciate.”
Riuscirà il morbo a essere debellato?
“Happy hour” di Ferruccio Parazzoli (Rizzoli, collana “La Scala”, pp. 208, euro 18) è un libro provocatorio, audace e profondamente coinvolgente che analizza le paure contemporanee che fanno vacillare l’animo umano.
Debora Colangelo